Oggi non ho proprio voglia di falsi moralismi. Di chi cerca di abbindolarmi a distanza di anni.
Di chi fa finta che in questo periodo ha in testa me, solo per il piacere di liberarsi
di qualche peso corporeo.
E sinceramente, messo com'è, diventa difficile anche per me attrice, far finta di nulla.
Non mi va. Non mi va.
Oggi ho scoperto che un mio passato ragazzo è sentimentalmente impegnato.
Non mi rode la cosa, certo è che un pensiero ce l'ho fatto, ripercorrendo veloce i mesi trascorsi insieme.
Mah 1, oggi è così bizzarro.
Nuovamente in mutua, nuovamente con il ginocchio che se potesse parlare direbbe "%6(/)=0/&%$/$!!!!".
Oggi sono allegra, tolta quella piccola parentesi del sentimentale.
Mi è sorta una domanda, oggi, prima, poco fa.
Forse data dai sogni strani che mi han invaso la mente, stanotte.
Case su una collina e ai piedi di questa il mare, incazzato nero, che arrivava fino a metà spiaggia e portava con sè vecchie signore che chissà come mai stavano li sdraiate.
Non al sole, ma alla morte.
Poi si intervallavano altri sogni, tra cui due che mi sono rimasti impressi fino ad ora.
In uno piangevo dicendo che mi si stavano staccando i denti e nessuno ci credeva fino a che con la lingua, stuzzicandolo in giusto, mi si è staccato credo un molare, quello destro.
Caspita. Addirittura nel sogno ho pensato "Quando si sognano i denti che si staccano o cadono, è una sorta di avviso che potrebbe mancare qualcuno di vicino a se."
E poi, con tutti i denti in bocca, mi trovo a letto, con un ragazzo che sapevo e so perfettamente chi era (é),
e cominciamo a fare l'amore. E qui la cosa bizzarra, c'era una specie di gara a chi lo faceva meglio. Lui restava sempre lui, solo cambiava il suo "attrezzo" prendendo chissà da dove, l'"attrezzo" di vecchi ex per metterli a confronto con il suo.
Sono pazza, da ricoverare.
Ma questo sogno, oggi, mi ha fatto sorgere quella domanda... Rimorso o rimpianto?
Mah 2, oggi risponderei che per certe circostanze è meglio un rimpianto. Quindi fare tutte le esperienze senza farsi molti problemi e vivere.
Dall'altra direi che per altri versi è meglio un rimorso e al diavolo se ho mancato un'altra occasione buona stasera!
One.
Un pensiero a tutte le canzoni che a loro modo ripetono ONE, uno.
Non chiedetemi perchè.
Mi sono svegliata con One degli U2 e ora è partita One di Gaia Riva.
L'importante comunque resta sempre fare tutto ciò che ci si sente solo e realmente con il cuore. Il nostro cuore.
mercoledì 30 maggio 2007
giovedì 24 maggio 2007
LA NOSTRA [MIA] LINFA VITALE.
Vi viene mai voglia di correre?
Chissà per quale luogo, se un luogo ci fosse.
Di correre e basta.
Per sentire sprigionarsi l'energia tenuta nascosta.
Vi viene mai voglia di fare l'amore?
Di fare l'amore senza troppe preoccupazioni, senza tanti "ma poi... se...".
Lasciarsi andare tra braccia sicure,
non per forza del proprio uomo.
Magari quello che amiamo tanto da non riuscire a dire
basta
una buona volta.
Intrappolate per paura di rimanere da sole.
E allora?
Vi viene mai voglia di andare oltre,
di trovarvi con un lui sopra di voi che vi sussurra
il bisogno di avervi ogni istante di più,
che sfiora il vostro corpo e lo fa tremare anche se fuori ci sono trenta gradi.
Sentire i propri seni leggermente pressati
dal peso del suo corpo.
Un corpo che vi fa godere,
si,
godere come pochi sanno fare.
Pochi, magari nessuno è riuscito a raggiungere quella
parte così profonda del vostro piacere.
Lui si,
lui cerca di darvi piacere, quello puro,
quello che quando arriva vi travolge
e non capite,
non riuscite a trattenervi come in altre occasioni
ed esplodete.
Nella passione più dolce e bramosa che esista.
E lo chiamate, gridate di poterlo avare ancora
quel piacere.
Ancora, ancora e ancora.
Fateci caso.
Non pensate a null'altro tra le sue braccia,
mentre il vostro corpo raccoglie il suo sesso.
Tutto svanisce.
Ragazzo o marito che sia, problemi, lavoro, figli, paure, tristezze, nervosismi.
Lui vi purifica l'anima.
Lui vi fa gridare.
Dal piacere che sapete che solo lui sa dare.
Non ne avete mai abbastanza.
Del suo sguardo mentre spinge
e
voi in balia delle onde.
In ostaggio di un uomo che sa come farvi rinascere.
Che sa come farvi star bene
coccolandovi con una doccia e una sfilata di ottima musica.
Solo per veri intenditori.
Prelibata è la sua carne,
da mordere leggermente mentre lui cerca il punto migliore,
dolce è il suo profumo che lentamente viene emanato,
sudando.
E come mai questa volta non ve ne frega niente se uscite da li
e avete ancora quei tre, quanttro chiletti in più e i capelli scompigliati?
Come mai non vi irrigidite subito dopo ma restare ancora un attimo sotto di lui,
per sentire il suo respiro?
Salite sulla vostra macchina, accendete lo stereo e guidate,
superando qualche macchina e facendo entrare il vento dai finestrini.
Tutto resta bloccato. Per almeno un giorno.
E domani non sarà come ieri.
domani rimarrà la prelibatezza
di quel rapporto che vi ha segnate,
vi ha condotte in un altro arco di spazio temporale,
che vi ha educate.
Ad essere libere, spontanee, ad amare e gridare il suo nome,
senza timori che i vicini possano sentire.
Lui vi rende libere.
Lui vi fa arrivare alla concezione che nulla è davvero così terribile.
Lui, la sua felicità e serenità,
entrando nel vostro ventre,
ve la trasmette.
Sentite?
Quella strana sensazione che tutto proceda per il meglio?
Ecco.
E' lui.
La sua linfa che,
inondandovi,
vi scorre nelle vene.
Chissà per quale luogo, se un luogo ci fosse.
Di correre e basta.
Per sentire sprigionarsi l'energia tenuta nascosta.
Vi viene mai voglia di fare l'amore?
Di fare l'amore senza troppe preoccupazioni, senza tanti "ma poi... se...".
Lasciarsi andare tra braccia sicure,
non per forza del proprio uomo.
Magari quello che amiamo tanto da non riuscire a dire
basta
una buona volta.
Intrappolate per paura di rimanere da sole.
E allora?
Vi viene mai voglia di andare oltre,
di trovarvi con un lui sopra di voi che vi sussurra
il bisogno di avervi ogni istante di più,
che sfiora il vostro corpo e lo fa tremare anche se fuori ci sono trenta gradi.
Sentire i propri seni leggermente pressati
dal peso del suo corpo.
Un corpo che vi fa godere,
si,
godere come pochi sanno fare.
Pochi, magari nessuno è riuscito a raggiungere quella
parte così profonda del vostro piacere.
Lui si,
lui cerca di darvi piacere, quello puro,
quello che quando arriva vi travolge
e non capite,
non riuscite a trattenervi come in altre occasioni
ed esplodete.
Nella passione più dolce e bramosa che esista.
E lo chiamate, gridate di poterlo avare ancora
quel piacere.
Ancora, ancora e ancora.
Fateci caso.
Non pensate a null'altro tra le sue braccia,
mentre il vostro corpo raccoglie il suo sesso.
Tutto svanisce.
Ragazzo o marito che sia, problemi, lavoro, figli, paure, tristezze, nervosismi.
Lui vi purifica l'anima.
Lui vi fa gridare.
Dal piacere che sapete che solo lui sa dare.
Non ne avete mai abbastanza.
Del suo sguardo mentre spinge
e
voi in balia delle onde.
In ostaggio di un uomo che sa come farvi rinascere.
Che sa come farvi star bene
coccolandovi con una doccia e una sfilata di ottima musica.
Solo per veri intenditori.
Prelibata è la sua carne,
da mordere leggermente mentre lui cerca il punto migliore,
dolce è il suo profumo che lentamente viene emanato,
sudando.
E come mai questa volta non ve ne frega niente se uscite da li
e avete ancora quei tre, quanttro chiletti in più e i capelli scompigliati?
Come mai non vi irrigidite subito dopo ma restare ancora un attimo sotto di lui,
per sentire il suo respiro?
Salite sulla vostra macchina, accendete lo stereo e guidate,
superando qualche macchina e facendo entrare il vento dai finestrini.
Tutto resta bloccato. Per almeno un giorno.
E domani non sarà come ieri.
domani rimarrà la prelibatezza
di quel rapporto che vi ha segnate,
vi ha condotte in un altro arco di spazio temporale,
che vi ha educate.
Ad essere libere, spontanee, ad amare e gridare il suo nome,
senza timori che i vicini possano sentire.
Lui vi rende libere.
Lui vi fa arrivare alla concezione che nulla è davvero così terribile.
Lui, la sua felicità e serenità,
entrando nel vostro ventre,
ve la trasmette.
Sentite?
Quella strana sensazione che tutto proceda per il meglio?
Ecco.
E' lui.
La sua linfa che,
inondandovi,
vi scorre nelle vene.
martedì 22 maggio 2007
UN NUOVO MEDICO.
Non c'è poi bisogno di tante parole per descrivere la
risalita.
Ho camminato in silenzio per un certo periodo,
di me,
si sentiva solo il profumo circondato dalla mia risata.
A volte falsa a volte vera.
A volte mezza a volte piena.
Se chiudo gli occhi, si.
Se dovessi davvero chiudere gli occhi potrei vederla
vederla davvero quella salita.
Che percorro, volando ad un palmo da terra.
Non c'è amore, non c'è quella troppa sincerità che poi mi ha ferita,
non ci sono perchè nè tanto meno certezze.
Ma c'è qualcosa di impercettibile,
di chiaro al cuore ma non alla testa.
Una bella birra rinfresca lo spirito e vecchi miti
risuonano nella stradina semi deserta.
Vedi, qui c'è qualcosa. Quel qualcosa.
Quel sentire quella canzone ed emozionarsi.
Quel pensare a tutto e a niente e sentirsi colme.
Colme di positività.
C'è voglia di migliorare, di curarsi,
di, perchè no,
osare quella volta in più.
Questa volta.
Uno sguardo. Si fa presto a dire si.
Si fa presto a dire no.
E pentirsi.
La sua bocca sorride. Gli occhi lucidi.
Il suo corpo ben scolpito.
Entrambi sappiamo.
C'è quel qualcosa.
Tutto è nato da li. La risalita è nata dai suoi occhi,
dal suo guidare sicuro, dal suo darsi dello stronzo,
dal suo sorridermi,
dal suo dirmi
"mi sorprendi...sei sempre più interessante...".
Sapendo.
Che ciò che avverrà,
lo vogliamo.
Senza rimorsi e rimpianti. Senza regole prefissate
o paure coltivate precedentemente.
Insieme, cercheremo solo di trovare il bene.
Quando vorremmo. Per quanto vorremmo. Come vorremmo.
Un tocco di divertimento e una spolverata di serenità.
Per ricrearsi in questo mondo pieno di problemi
un angolo di egoismo doppio.
Ma pur sempre un egoismo che non escluda l'altro.
Questo ennesimo medico, a sua insaputa,
mi sta dando forza di di guardare oltre quella punta,
di guardare già dalla prospettiva migliore.
risalita.
Ho camminato in silenzio per un certo periodo,
di me,
si sentiva solo il profumo circondato dalla mia risata.
A volte falsa a volte vera.
A volte mezza a volte piena.
Se chiudo gli occhi, si.
Se dovessi davvero chiudere gli occhi potrei vederla
vederla davvero quella salita.
Che percorro, volando ad un palmo da terra.
Non c'è amore, non c'è quella troppa sincerità che poi mi ha ferita,
non ci sono perchè nè tanto meno certezze.
Ma c'è qualcosa di impercettibile,
di chiaro al cuore ma non alla testa.
Una bella birra rinfresca lo spirito e vecchi miti
risuonano nella stradina semi deserta.
Vedi, qui c'è qualcosa. Quel qualcosa.
Quel sentire quella canzone ed emozionarsi.
Quel pensare a tutto e a niente e sentirsi colme.
Colme di positività.
C'è voglia di migliorare, di curarsi,
di, perchè no,
osare quella volta in più.
Questa volta.
Uno sguardo. Si fa presto a dire si.
Si fa presto a dire no.
E pentirsi.
La sua bocca sorride. Gli occhi lucidi.
Il suo corpo ben scolpito.
Entrambi sappiamo.
C'è quel qualcosa.
Tutto è nato da li. La risalita è nata dai suoi occhi,
dal suo guidare sicuro, dal suo darsi dello stronzo,
dal suo sorridermi,
dal suo dirmi
"mi sorprendi...sei sempre più interessante...".
Sapendo.
Che ciò che avverrà,
lo vogliamo.
Senza rimorsi e rimpianti. Senza regole prefissate
o paure coltivate precedentemente.
Insieme, cercheremo solo di trovare il bene.
Quando vorremmo. Per quanto vorremmo. Come vorremmo.
Un tocco di divertimento e una spolverata di serenità.
Per ricrearsi in questo mondo pieno di problemi
un angolo di egoismo doppio.
Ma pur sempre un egoismo che non escluda l'altro.
Questo ennesimo medico, a sua insaputa,
mi sta dando forza di di guardare oltre quella punta,
di guardare già dalla prospettiva migliore.
venerdì 18 maggio 2007
PELLE.
Ti è mai capitato?
Di pensare intensamente una cosa e che questa capitasse?
Ti è mai successo di sognare qualcosa
che al risveglio credevi di avere li talmente era reale?
Soffio d'aria nuova.
Questo potrebbe essere quel punto e a capo.
LETTERA GRANDE.
Quel "è ora di dare una svolta".
Sapere di avere tra le mani una polverina magica
che nel momento in cui si strofina
realizza cosa ti passa nella testa in quel momento.
Non numeri del lotto e cose strane.
Persone, sensazioni, occasioni.
Che con se portano odori lontani
profumi di terre lontane e emozioni scordate.
La semplicità di guardarsi e sorridere senza
malizia e contorni offuscati
da banalità comuni.
Pelle.
Milioni di persone scrivono sulla pelle, sul suo colore
sul suo odore,sulla sua prima impressione.
Che è quella che conta?
Io scrivo della pelle in quanto
contatto.
Una stretta di mano, un guancia a guancia,
un abbraccio in cui si sfiorano braccia muscolose con braccia abbronzate.
Sentirsi addosso brividi di
novità, di un qualcosa che forse si era cestinato.
Ma che forse è ora di ritirare fuori e far prendere aria.
A volte manca davvero quel contatto.
Che ti fa scivolare lungo un mondo diverso dal
quotidiano, che ti catapulta
in una dimensione in cui li,
tutto ciò che fai
è solo per il tuo bene,
per soddisfare i tuoi piaceri,
per far rabbrividire la tua pelle.
La sua pelle.
Mani che si sfiorano e si tengono strette nel buio di strade insidiose,
tutto il resto sfuma in attimo
e non c'è niente e nessuno che ti ferma.
Stringi.
Prendi quella mano e l'appoggi al tuo petto.
Cosa penserà l'altra persona?
Silenzio.
Il cuore pulsa. Veloce. Emozionato.
Contatto.
Di due labbra sconosciute.
Bramose l'una delle altre.
E allora è lì che la pelle fa il suo giusto effetto,
è lì che quel mondo sotto vuoto
spinge e rompe il vetro.
Oltre.
Per andare oltre.
Per scoprire nuovi orizzonti, nuovi mondi.
Ciò che si vive passa dalla pelle.
Puoi lavarti quanto vuoi.
Puoi lavarti via i ricordi, le ferite aperte,
le emozioni che ti hanno strappato,
ma quel contatto resta.
Impercettibile e indissolubile.
Di pensare intensamente una cosa e che questa capitasse?
Ti è mai successo di sognare qualcosa
che al risveglio credevi di avere li talmente era reale?
Soffio d'aria nuova.
Questo potrebbe essere quel punto e a capo.
LETTERA GRANDE.
Quel "è ora di dare una svolta".
Sapere di avere tra le mani una polverina magica
che nel momento in cui si strofina
realizza cosa ti passa nella testa in quel momento.
Non numeri del lotto e cose strane.
Persone, sensazioni, occasioni.
Che con se portano odori lontani
profumi di terre lontane e emozioni scordate.
La semplicità di guardarsi e sorridere senza
malizia e contorni offuscati
da banalità comuni.
Pelle.
Milioni di persone scrivono sulla pelle, sul suo colore
sul suo odore,sulla sua prima impressione.
Che è quella che conta?
Io scrivo della pelle in quanto
contatto.
Una stretta di mano, un guancia a guancia,
un abbraccio in cui si sfiorano braccia muscolose con braccia abbronzate.
Sentirsi addosso brividi di
novità, di un qualcosa che forse si era cestinato.
Ma che forse è ora di ritirare fuori e far prendere aria.
A volte manca davvero quel contatto.
Che ti fa scivolare lungo un mondo diverso dal
quotidiano, che ti catapulta
in una dimensione in cui li,
tutto ciò che fai
è solo per il tuo bene,
per soddisfare i tuoi piaceri,
per far rabbrividire la tua pelle.
La sua pelle.
Mani che si sfiorano e si tengono strette nel buio di strade insidiose,
tutto il resto sfuma in attimo
e non c'è niente e nessuno che ti ferma.
Stringi.
Prendi quella mano e l'appoggi al tuo petto.
Cosa penserà l'altra persona?
Silenzio.
Il cuore pulsa. Veloce. Emozionato.
Contatto.
Di due labbra sconosciute.
Bramose l'una delle altre.
E allora è lì che la pelle fa il suo giusto effetto,
è lì che quel mondo sotto vuoto
spinge e rompe il vetro.
Oltre.
Per andare oltre.
Per scoprire nuovi orizzonti, nuovi mondi.
Ciò che si vive passa dalla pelle.
Puoi lavarti quanto vuoi.
Puoi lavarti via i ricordi, le ferite aperte,
le emozioni che ti hanno strappato,
ma quel contatto resta.
Impercettibile e indissolubile.
mercoledì 16 maggio 2007
SENZA FAR RUMORE
La sincerità non è uguale per tutti.
Ci si fa prendere dall'entusiasmo, dal bisogno di provare qualcosa che si era scordato.
Un profumo, un sentimento, un'emozione, una parola detta piano, una libertà di ridere e sentirsi leggeri.
Dentro si sente muovere qualcosa. La bocca dello stomaco è chiusa.
Il cuore è aperto. Aperto e puro come quello di un bambino.
E non si pensa a nient'altro, a nessun altro.
Si vive sbattendo la testa credendo, auto convincendosi che è quello è ciò che si cercava,
che quello è ciò di cui si ha bisogno.
C'è chi lascia il passato e si volta andando verso una strada dettata da una sincerità scoperta e tirata fuori con le tenaglie.
C'è chi non accetta la sincerità altrui.
E' come se tutti, per un certo tempo, avessero viaggiato sulla stessa linea d'onda, con le stesse motivazioni, la stessa gioia, lo stesso cuore, la stessa capacità di capirsi dai silenzi.
Poi un giorno, qualcuno si rende conto che non è così e dice che è il caso di essere sinceri e prende la porta e se ne va. Senza tante spiegazioni sensate.Senza ascoltare i suoi compagni di viaggio.
Per loro quella non può essere sincerità.
Per la ragazza lasciata così, di punto in bianco quando tutto sembrava perfetto quando tutto sembrava protetto dal male, la sincerità di lui che le scrive che non vuole sconvolgere i suoi equilibri,
non può essere razionalizzata come sincerità.
Quello che uno pensa sia giusto e sincero per altri è tagliente e mortale.
Come un colpo di pistola.
Ci si fa prendere dall'entusiasmo, dal bisogno di provare qualcosa che si era scordato.
Un profumo, un sentimento, un'emozione, una parola detta piano, una libertà di ridere e sentirsi leggeri.
Dentro si sente muovere qualcosa. La bocca dello stomaco è chiusa.
Il cuore è aperto. Aperto e puro come quello di un bambino.
E non si pensa a nient'altro, a nessun altro.
Si vive sbattendo la testa credendo, auto convincendosi che è quello è ciò che si cercava,
che quello è ciò di cui si ha bisogno.
C'è chi lascia il passato e si volta andando verso una strada dettata da una sincerità scoperta e tirata fuori con le tenaglie.
C'è chi non accetta la sincerità altrui.
E' come se tutti, per un certo tempo, avessero viaggiato sulla stessa linea d'onda, con le stesse motivazioni, la stessa gioia, lo stesso cuore, la stessa capacità di capirsi dai silenzi.
Poi un giorno, qualcuno si rende conto che non è così e dice che è il caso di essere sinceri e prende la porta e se ne va. Senza tante spiegazioni sensate.Senza ascoltare i suoi compagni di viaggio.
Per loro quella non può essere sincerità.
Per la ragazza lasciata così, di punto in bianco quando tutto sembrava perfetto quando tutto sembrava protetto dal male, la sincerità di lui che le scrive che non vuole sconvolgere i suoi equilibri,
non può essere razionalizzata come sincerità.
Quello che uno pensa sia giusto e sincero per altri è tagliente e mortale.
Come un colpo di pistola.
lunedì 14 maggio 2007
NON SI SMETTE MAI.
Fermo. Disteso su quel verde prato.
Resta. Qui.
Vicino. Temo. Di aver bisogno di te.
Non ho paura.
Solo. Vorrei. Sapere. Che tu, ci sarai.
Silenzio.
Mesi nel silenzio. Nella convinzione di dover ricominciare.
Non si smette mai.
Si cade e ci si rialza.
Lasciamo da parte quello che ci sembra meno indispensabile.
Perchè impulsivi.
Avidi.
Poi torniamo indietro.
L'orgoglio va calpestato quando il cuore sa che ne vale la pena.
Anche senza aver la sicurezza di poter rientrare da quella porta.
Delusa.
Afflitta. Ma capace.
Ma testarda.
Di tornare indietro se ne parla.
Quello che c'era da dire è stato detto.
Quello che c'era da dire non è stato detto.
Io.
Avevo chiesto solo di tentare.
Tu.
Negato.
Occhi negli occhi.
Fermati.
Solo un minuscolo attimo.
Fermati e ascolta.
Volevi davvero che andasse così?
Baci mendaci.
Non smetto di tornare.
Rialzarmi e ritentare.
Sei e resterai.
Nel mio pensiero.
In quel fuoco incantatore che hai ghiacciato.
Lo sai.
Si scioglierà il ghiaccio.
Spero il bene per te.
Io.
Coraggio.
Per due, per entrambi.
Tu.
Solo paura di soffrire ancora.
Chi vive nella paura vive solo a metà.
Tu mi avresti offerto paure? Tremori?
Io che voglio vivere.
Pienamente.
Ogni singolo giorno.
Aprirò quella porta.
E allora, forse.
Solo allora.
Scriverò una fine.
Sensazione.
Profonda.
Di leggerezza.
Interiore.
Non smetto.
Mai.
Di guardarmi attorno.
Di tornare indietro.
Di dimenticare e proseguire.
Non smetto. Mai.
Di scrivere.
Per me.
domenica 13 maggio 2007
OBELISCO
Una città piena di luce. Noi.
Piccoli cuori in mezzo al tutto, in mezzo al nulla.
Seduti sotto quell'alto obelisco.
Silenziosi ognuno dentro se.
Pieni di domande, di tentazioni di voglie da tenere a freno.
Scivolano giù liquidi che rendono la realtà un po' più tondeggiante.
Sta girando tutto.
Dalla parte che non avrei pensato.
Credevo.
Che alcune persone avessero il coraggio a definirsi migliore di altre.
Invece, era solo patetica alterazione di un "non io".
Ma cosa me ne importa se manca lo sforzo.
Di dire ancora.
Rimango silenziosa davanti a cotanta bellezza.
Basta con tutto.
Con tutti ciò che mi ostruisce le vene e non è amore.
Coloro di giallo, ancora, tutto quello che può essere coperto.
Cancellato.
Coperta di stelle.
Noi ancora in questa rotonda piazza.
Noi ancora a riempire la notte della nostra giovinezza.
Dei nostri sorrisi.
Rido, rido, rido e ballo fino a perdere la cognizione del tempo,
fino a scordare cosa c'è attorno.
Perdo conoscenza e mi butto per terra.
Gambe e braccia disegnano un angelo.
Ed io mi svuoto di tutto quello che c'è di troppo.
Perchè c'è sempre qualcosa di troppo.
Piccoli cuori in mezzo al tutto, in mezzo al nulla.
Seduti sotto quell'alto obelisco.
Silenziosi ognuno dentro se.
Pieni di domande, di tentazioni di voglie da tenere a freno.
Scivolano giù liquidi che rendono la realtà un po' più tondeggiante.
Sta girando tutto.
Dalla parte che non avrei pensato.
Credevo.
Che alcune persone avessero il coraggio a definirsi migliore di altre.
Invece, era solo patetica alterazione di un "non io".
Ma cosa me ne importa se manca lo sforzo.
Di dire ancora.
Rimango silenziosa davanti a cotanta bellezza.
Basta con tutto.
Con tutti ciò che mi ostruisce le vene e non è amore.
Coloro di giallo, ancora, tutto quello che può essere coperto.
Cancellato.
Coperta di stelle.
Noi ancora in questa rotonda piazza.
Noi ancora a riempire la notte della nostra giovinezza.
Dei nostri sorrisi.
Rido, rido, rido e ballo fino a perdere la cognizione del tempo,
fino a scordare cosa c'è attorno.
Perdo conoscenza e mi butto per terra.
Gambe e braccia disegnano un angelo.
Ed io mi svuoto di tutto quello che c'è di troppo.
Perchè c'è sempre qualcosa di troppo.
sabato 12 maggio 2007
BIANCO E NERO
Stamattina mi sono svegliata di buon'ora, nonostante stanotte sarei rimasta a camminare per il centro fino all'alba.
Non avevo sonno, il quale era scappato, fuggito come un uccellino prima della tempesta.
Queste serate mi stanno aiutando. Loro mi stanno di nuovo curando.
L'anima.
Quel pezzetto di anima che ogni due per tre viene calpestata, maltrattata, usata e poi gettata.
Dalle mani di un cuore troppo impavido.
Loro, la mia medicina i miei dottori di spensieratezza. Loro amici da poco ma così presenti in questo arco di vita.
Non è detto che relazioni portate avanti per decenni diano poi frutti succosi.
Anzi, molte volte ho raccolto dei frutti marci da doverli buttare e
alzare spallucce, essendo nuovamente delusa.
Qualcuno sfiora delicatamente tasti di diversa misura.
Note susseguono note.
Una composizione di emozioni che fanno vibrare il cuore.
Adoro il pionoforte, le sensazioni che suscita anche se si è all'oscuro di tutto.
Di chi suona, di chi ha composto cosa, di chi dirige, di chi l'ha costruito.
Sono un pianoforte in questo attimo, sono un assemblaggio di più pezzi di due sole tonalità.
Tutte le sfumature compaiono di notte, compaiono con quella libertà che a sprazzi
si presenta, bussa alla mia porta, mi investe e corre via, veloce,
inseguita da qualcosa.
Caldo il sole batte sulla testa. Almeno il sole.
Metereopatica come sono, se piovesse sarei già chiusa in un aramadio a 4 ante!
Sorridiamo... dobbiamo solo arrivare a domani!
Non avevo sonno, il quale era scappato, fuggito come un uccellino prima della tempesta.
Queste serate mi stanno aiutando. Loro mi stanno di nuovo curando.
L'anima.
Quel pezzetto di anima che ogni due per tre viene calpestata, maltrattata, usata e poi gettata.
Dalle mani di un cuore troppo impavido.
Loro, la mia medicina i miei dottori di spensieratezza. Loro amici da poco ma così presenti in questo arco di vita.
Non è detto che relazioni portate avanti per decenni diano poi frutti succosi.
Anzi, molte volte ho raccolto dei frutti marci da doverli buttare e
alzare spallucce, essendo nuovamente delusa.
Qualcuno sfiora delicatamente tasti di diversa misura.
Note susseguono note.
Una composizione di emozioni che fanno vibrare il cuore.
Adoro il pionoforte, le sensazioni che suscita anche se si è all'oscuro di tutto.
Di chi suona, di chi ha composto cosa, di chi dirige, di chi l'ha costruito.
Sono un pianoforte in questo attimo, sono un assemblaggio di più pezzi di due sole tonalità.
Tutte le sfumature compaiono di notte, compaiono con quella libertà che a sprazzi
si presenta, bussa alla mia porta, mi investe e corre via, veloce,
inseguita da qualcosa.
Caldo il sole batte sulla testa. Almeno il sole.
Metereopatica come sono, se piovesse sarei già chiusa in un aramadio a 4 ante!
Sorridiamo... dobbiamo solo arrivare a domani!
venerdì 11 maggio 2007
GOCCE DI FELICITà
Vorrei proprio essere seduta in riva al mare. Il vento forte che increspa le onde
e mi bagnano le gambe.
In mano, un gelato nocciola e fiordilatte che si scioglie veloce.
Veloce.
E devo cercare di non farne cadere neanche una goccia.
Non posso davvero pensarci. Un'estate all'insegna del lavoro,
del week end assassino,
partire sabato notte e tornare domenica sera.
Per il mare, questo e altro.
Per l'odore del sale che entra nel naso e non si toglie più.
Ci sono state delle giornate ventilate, poco tempo fa.
Io ho un'adorazione per il vento, da sempre.
Un po' come adoro la Luna, le Stelle.
Mi affacciavo dal balcone e venivo investita da un venticello un po' prepotente ma tiepido.
Da chiudere gli occhi e lasciarsi cullare.
Da chiudere gli occhi e sentire quell'odore di mare, d'acqua salata,
da sentire quasi sulla pelle quella sensazione di leggero prurito che procura il sale,
da vedersi quasi sul corpo le macchiette biancastre.
Altro che testa sotto la sabbia.
I piedi che spostano la sabbia e disegnano piccole ali di angeli.
Gettarsi per terra per recuparare la palla,
uscire dall'acqua ed essere catapultate per terra finendo impanate di sabbia dalla testa ai piedi.
Ecco di cosa vivono i bambini.
Anime pure e incontaminate.
Vivono della semplicità.
Nel fare solo quello che a loro procura la gioia,
nel gettarsi nella sabbia e inzozzarsi tutti,
nel correre a perdifiato sulla riva senza sentire le pietre sotto i loro piedini,
nel pacioccare con le mani con più cose possibili e applaudire forte, forte, per vedere saltellare
piccole gocce di felicità.
A questo devo arrivare.
Ad apprezzare e tenere e volere solo la bellezza della semplicità.
Qualunque sia il prezzo da pagare. Non voglio finire nella massa mediocre che dice sempre si
e di notte piange pensando a quella felicità di cui hanno scordato i connotati.
Ogni giorno c'è bisogno di credere che siamo liberi di scegliere.
Ma che ogni scelta comporta conseguenze per lo più inpensate.
Senza forzare quello che oramai è già stato scritto.
e mi bagnano le gambe.
In mano, un gelato nocciola e fiordilatte che si scioglie veloce.
Veloce.
E devo cercare di non farne cadere neanche una goccia.
Non posso davvero pensarci. Un'estate all'insegna del lavoro,
del week end assassino,
partire sabato notte e tornare domenica sera.
Per il mare, questo e altro.
Per l'odore del sale che entra nel naso e non si toglie più.
Ci sono state delle giornate ventilate, poco tempo fa.
Io ho un'adorazione per il vento, da sempre.
Un po' come adoro la Luna, le Stelle.
Mi affacciavo dal balcone e venivo investita da un venticello un po' prepotente ma tiepido.
Da chiudere gli occhi e lasciarsi cullare.
Da chiudere gli occhi e sentire quell'odore di mare, d'acqua salata,
da sentire quasi sulla pelle quella sensazione di leggero prurito che procura il sale,
da vedersi quasi sul corpo le macchiette biancastre.
Altro che testa sotto la sabbia.
I piedi che spostano la sabbia e disegnano piccole ali di angeli.
Gettarsi per terra per recuparare la palla,
uscire dall'acqua ed essere catapultate per terra finendo impanate di sabbia dalla testa ai piedi.
Ecco di cosa vivono i bambini.
Anime pure e incontaminate.
Vivono della semplicità.
Nel fare solo quello che a loro procura la gioia,
nel gettarsi nella sabbia e inzozzarsi tutti,
nel correre a perdifiato sulla riva senza sentire le pietre sotto i loro piedini,
nel pacioccare con le mani con più cose possibili e applaudire forte, forte, per vedere saltellare
piccole gocce di felicità.
A questo devo arrivare.
Ad apprezzare e tenere e volere solo la bellezza della semplicità.
Qualunque sia il prezzo da pagare. Non voglio finire nella massa mediocre che dice sempre si
e di notte piange pensando a quella felicità di cui hanno scordato i connotati.
Ogni giorno c'è bisogno di credere che siamo liberi di scegliere.
Ma che ogni scelta comporta conseguenze per lo più inpensate.
Senza forzare quello che oramai è già stato scritto.
giovedì 10 maggio 2007
FULMINI ESTIVI
passo dopo passo. non importa se ho ventidue anni, dentro sono forte.
Tengo tutto racchiuso in una barile di legno massiccio che poi, un giorno prestabilito, faccio saltare in aria.
Ma io sono forte non lui. Lui che tiene dentro tutto e quel barile non lo fa esplodere mai, lui che soffoca le parole in un mugolio e si confida con me, in macchina, mentre attraversiamo Torino e la radio sovrasta ai nostri discorsi.
Non è reale questo menefreghismo che provo in certi confronti.
Non è normale far esplodere così, all'improvviso, quel barile tenuto chiuso da tempo,
molto tempo.
Stamattina, colta da una rara voglia di sistemare le piante,
mi son seduta per terra, il ginocchio dolente disteso leggermente e sono partita all'attacco.
Un po' di reggaeton per tenermi compagnia, ma giuro, non sentivo nulla.
Solo il silenzio e la calma che mi trasmetteva sistemare quei vasi, impiantare i miei semini che cresceranno e diventeranno dai bellissimi fiori colorati.
Le mani sporche di terra e la pelle che cominciava a bruciare, a prendere colorito.
Fulmine a ciel sereno.
Sono invisibili. Un po' come quei folletti che di notte entrano di soppiatto in camera e rubano qualcosa.
Non voglio pensarci! L'altra estate è stata assurda.
Mi sveglio una mattina e non trovo il telecomando.
Smonto al stanza per una settimana, la smonto nel vero senso della parola, tiro fuori tutta la roba dai cassetti, dall'armadio, dalla libreria.
Qualcuno mi accusa di sonnambulismo, quindi cerco per tutta la casa.
Due mesi.
In cui ho creduto che questi dananti folletti si fossero presi gioco di me e mi avessero portato via il telecomando!
Ed ecco che nel posto in cui vi assicuro avevo guardato si e no 759 volte, compare magicamente quel cambia canale!
Oggi però quel fulmine non è stato bizzarro così.
Oggi però per sistemare le cose ci sarebbero solo due possibilità.
Essere contaminate in continuazione da allegria serenità spensieratezza e risate
oppure
partire senza sapere dove andare, a cento km da casa, a cinquecento km da casa, l'importante sarebbe andare.
Fulmini tra raggi di un sole primaverile ma già caldo.
Fulmini tra questo alto e questo basso.
Fulmini che ti fanno scoprire un'altra te stessa, un'altra parte di questa piccola donna.
E mi viene davvero voglia di credere che poche persone hanno davvero capito chi sono, cosa vorrei.
E mi viene da dire che a questo punto, è meglio,
molto meglio così.
Ma io sono forte non lui. Lui che tiene dentro tutto e quel barile non lo fa esplodere mai, lui che soffoca le parole in un mugolio e si confida con me, in macchina, mentre attraversiamo Torino e la radio sovrasta ai nostri discorsi.
Non è reale questo menefreghismo che provo in certi confronti.
Non è normale far esplodere così, all'improvviso, quel barile tenuto chiuso da tempo,
molto tempo.
Stamattina, colta da una rara voglia di sistemare le piante,
mi son seduta per terra, il ginocchio dolente disteso leggermente e sono partita all'attacco.
Un po' di reggaeton per tenermi compagnia, ma giuro, non sentivo nulla.
Solo il silenzio e la calma che mi trasmetteva sistemare quei vasi, impiantare i miei semini che cresceranno e diventeranno dai bellissimi fiori colorati.
Le mani sporche di terra e la pelle che cominciava a bruciare, a prendere colorito.
Fulmine a ciel sereno.
Sono invisibili. Un po' come quei folletti che di notte entrano di soppiatto in camera e rubano qualcosa.
Non voglio pensarci! L'altra estate è stata assurda.
Mi sveglio una mattina e non trovo il telecomando.
Smonto al stanza per una settimana, la smonto nel vero senso della parola, tiro fuori tutta la roba dai cassetti, dall'armadio, dalla libreria.
Qualcuno mi accusa di sonnambulismo, quindi cerco per tutta la casa.
Due mesi.
In cui ho creduto che questi dananti folletti si fossero presi gioco di me e mi avessero portato via il telecomando!
Ed ecco che nel posto in cui vi assicuro avevo guardato si e no 759 volte, compare magicamente quel cambia canale!
Oggi però quel fulmine non è stato bizzarro così.
Oggi però per sistemare le cose ci sarebbero solo due possibilità.
Essere contaminate in continuazione da allegria serenità spensieratezza e risate
oppure
partire senza sapere dove andare, a cento km da casa, a cinquecento km da casa, l'importante sarebbe andare.
Fulmini tra raggi di un sole primaverile ma già caldo.
Fulmini tra questo alto e questo basso.
Fulmini che ti fanno scoprire un'altra te stessa, un'altra parte di questa piccola donna.
E mi viene davvero voglia di credere che poche persone hanno davvero capito chi sono, cosa vorrei.
E mi viene da dire che a questo punto, è meglio,
molto meglio così.
mercoledì 9 maggio 2007
vento
Una pera addentata per la fame nervosa.
C’è chi si crogiola in negatività anche un po’ fantasiose e com’è che io, pur ritrovandomi in mezzo ad una strada, un bivio, un che cavolo ne so, continuo a sorridere e a sentire quella specie di gioia che provavo due mesi fa?
E’ matematicamente impossibile trovare una come me, che pur essendosi presa la porta in faccia, e che porta, portone direi, ha ancora tutta quella voglia di credere.
Non si spera, mai.
Chi spera è perduto sin dall’inizio.
Chi spera è destinato a sopperire prima o poi.
Ai dolori che tanto al vita riserva si e no dietro ogni angolo.
Oggi c’è un bel vento caldo, tipido, che mi accarezza la pelle. Il sole mi scalda il cuore. Pensare al passato non mi va.
Oggi non mi va di sprecare pensieri per chi mi ha voluta fuori dalla sua vita.
Ieri, all’improvviso mi è venuta una mezza illumizione. E solo chi mi conosce bene sa che i miei 5 minuti spaventano un bel po’!
Ed ho detto ad alta voce, tra me e quello che è diventato il mio amico immaginario in questi giorni di costrizione casalinga, “HO BISOGNO DI UNA SVOLTA.”
E addirittura, sapevo a cosa mi riferivo.
Al mandare a fanculo tutti e tutti, fare un viaggio, partire, fare quello che non sembra giusto, fare quello che sembra meno probabile. Una. E’ la vita e sono arrivata a capire che pur essendomela goduta, mi manca ancora così tanto da sperimentare.
Al voler cercare una soluzione per non tornare a quel lavoro, che percarità, mi dà da mangiare, ma non mi caratterizza un cazzo.
Al non alzare più la cornetta e cercare disperatamente qualcuno, al non rifugiarsi la notte, mia dannata trasportatrice nel passato, in pensieri malinconici e ricascarci, ancora e ancora.
E’ successo tutto per una ragione.
Tutto è così, tutto il mondo gira su questo cazzuto principio delle balle.
Ma a pensarla così, intanto il tempo passa e con lui la sofferenza, la tristezza il bisogno di tornare indietro.
Io sono sempre la solita stronza, sempre che devo sbatterci la testa fino all’ultimo, sempre andare fino in fondo, per cercare anche la più remota e infeconda possibilità.
Ma chi mai fa tutto questo per me, chi mai ha alzato il culo e si è sbattuto per arrivare al mio di fondo, alla mia possibilità.
Sempre tutto in ritardo.
Ma siamo poi sicuri che sto mondo gira alla stessa velocità in tutti i luoghi, anche quelli dimenticati da Dio?
No, non credo. Mi sa che in certe zone il tempo scorre differente e quello che a me sembra un anno a qualcuno pare un mese.
Ma non ci pigliamo in giro!
Credere che basta poco per recuperare il tempo perduto, sprecato, gettato via di propria iniziativa non è altro che la constatazione che c’è ancora così’ tanta gente troppo convinta di se stessa e degli altri.
Basta sorrisini di finta, finta e patetica circostanza solo per far bella figura davanti a tutti.Io me ne sbatto se sembro maleducata, incivile, l’Irene sempre cattiva che non perdona, che si vendica, che torna indietro per poi balzare più avanti del presente.
Io me ne fotto.
Se mi passi davanti e sono ancora nella fase di smaltimento progressivo del male che mi hai fatto gratuitamente, ti sputo in faccia.
Dicono che la vendetta è la confessione del dolore.
Si, confesso, rea confessa.
Ma leggetevi La tempesta di Shakespeare, poi cambierete prospettiva.
Quando si fa una scelta decisiva, la si fa sempre in uno stato d’animo che non è decisivo e duraturo.
Anche qui, sentenze.
Ma alla fine la verità è una. Bisogna solo trovarla!
Io per ora alzo lo stero e canto. Canto con tutta la voce e la passione che metto nel farlo.
Passione. Forse è solo questa la verità.
Il fine ultimo di ogni più piccola cosa che si realizza nella nostra vita.
Passione per una canzone, per un film, per scrivere pezzi della propria vita, per coltivare patate, per ballare la samba, per baciare uno sconosciuto una notte tra la gente che balla sensuale in una pista colma, per fare l’amore con quello che credi l’uomo giusto in quel momento, per rubare la palla e guardare in porta mentre si fa gol, per nuotare e coordinare respiro e bracciate osservando il mare sotto di te, per sentire i granelli di sabbia sul corpo bagnato, per preparare la colazione per altre diciotto persone, per tuffarsi nella neve e rotolare rotolare, per bloccarsi davanti alla bellezza di una piazza europea, per lavare la biancheria a mano e sentire sulle mani l’odore del detersivo, per suonare il basso e renderle vive quelle corde sotto alle tue dita, per guardare la città dall’altro e lasciar scivolare una lacrima come una scatola colma di ricordi, per sentirsi vivi con quello che altri non capirebbero mai.
La passione che si coltiva nel proprio stomaco nelle proprie viscere.
Fino a sentire pulsare il cuore al ritmo della tua canzone.
Fino a non chiederti perché.
Fino a vivere con quello che è solo tuo, di quel ritmo, di quel sangue nelle vene che scorre e ti fa sentire vivo.
Come il vento che soffiando ti scompiglia i capelli e ti accarezza, proteggendoti, avvolgendoti,
liberandoti.
Iscriviti a:
Post (Atom)