mercoledì 9 maggio 2007
vento
Una pera addentata per la fame nervosa.
C’è chi si crogiola in negatività anche un po’ fantasiose e com’è che io, pur ritrovandomi in mezzo ad una strada, un bivio, un che cavolo ne so, continuo a sorridere e a sentire quella specie di gioia che provavo due mesi fa?
E’ matematicamente impossibile trovare una come me, che pur essendosi presa la porta in faccia, e che porta, portone direi, ha ancora tutta quella voglia di credere.
Non si spera, mai.
Chi spera è perduto sin dall’inizio.
Chi spera è destinato a sopperire prima o poi.
Ai dolori che tanto al vita riserva si e no dietro ogni angolo.
Oggi c’è un bel vento caldo, tipido, che mi accarezza la pelle. Il sole mi scalda il cuore. Pensare al passato non mi va.
Oggi non mi va di sprecare pensieri per chi mi ha voluta fuori dalla sua vita.
Ieri, all’improvviso mi è venuta una mezza illumizione. E solo chi mi conosce bene sa che i miei 5 minuti spaventano un bel po’!
Ed ho detto ad alta voce, tra me e quello che è diventato il mio amico immaginario in questi giorni di costrizione casalinga, “HO BISOGNO DI UNA SVOLTA.”
E addirittura, sapevo a cosa mi riferivo.
Al mandare a fanculo tutti e tutti, fare un viaggio, partire, fare quello che non sembra giusto, fare quello che sembra meno probabile. Una. E’ la vita e sono arrivata a capire che pur essendomela goduta, mi manca ancora così tanto da sperimentare.
Al voler cercare una soluzione per non tornare a quel lavoro, che percarità, mi dà da mangiare, ma non mi caratterizza un cazzo.
Al non alzare più la cornetta e cercare disperatamente qualcuno, al non rifugiarsi la notte, mia dannata trasportatrice nel passato, in pensieri malinconici e ricascarci, ancora e ancora.
E’ successo tutto per una ragione.
Tutto è così, tutto il mondo gira su questo cazzuto principio delle balle.
Ma a pensarla così, intanto il tempo passa e con lui la sofferenza, la tristezza il bisogno di tornare indietro.
Io sono sempre la solita stronza, sempre che devo sbatterci la testa fino all’ultimo, sempre andare fino in fondo, per cercare anche la più remota e infeconda possibilità.
Ma chi mai fa tutto questo per me, chi mai ha alzato il culo e si è sbattuto per arrivare al mio di fondo, alla mia possibilità.
Sempre tutto in ritardo.
Ma siamo poi sicuri che sto mondo gira alla stessa velocità in tutti i luoghi, anche quelli dimenticati da Dio?
No, non credo. Mi sa che in certe zone il tempo scorre differente e quello che a me sembra un anno a qualcuno pare un mese.
Ma non ci pigliamo in giro!
Credere che basta poco per recuperare il tempo perduto, sprecato, gettato via di propria iniziativa non è altro che la constatazione che c’è ancora così’ tanta gente troppo convinta di se stessa e degli altri.
Basta sorrisini di finta, finta e patetica circostanza solo per far bella figura davanti a tutti.Io me ne sbatto se sembro maleducata, incivile, l’Irene sempre cattiva che non perdona, che si vendica, che torna indietro per poi balzare più avanti del presente.
Io me ne fotto.
Se mi passi davanti e sono ancora nella fase di smaltimento progressivo del male che mi hai fatto gratuitamente, ti sputo in faccia.
Dicono che la vendetta è la confessione del dolore.
Si, confesso, rea confessa.
Ma leggetevi La tempesta di Shakespeare, poi cambierete prospettiva.
Quando si fa una scelta decisiva, la si fa sempre in uno stato d’animo che non è decisivo e duraturo.
Anche qui, sentenze.
Ma alla fine la verità è una. Bisogna solo trovarla!
Io per ora alzo lo stero e canto. Canto con tutta la voce e la passione che metto nel farlo.
Passione. Forse è solo questa la verità.
Il fine ultimo di ogni più piccola cosa che si realizza nella nostra vita.
Passione per una canzone, per un film, per scrivere pezzi della propria vita, per coltivare patate, per ballare la samba, per baciare uno sconosciuto una notte tra la gente che balla sensuale in una pista colma, per fare l’amore con quello che credi l’uomo giusto in quel momento, per rubare la palla e guardare in porta mentre si fa gol, per nuotare e coordinare respiro e bracciate osservando il mare sotto di te, per sentire i granelli di sabbia sul corpo bagnato, per preparare la colazione per altre diciotto persone, per tuffarsi nella neve e rotolare rotolare, per bloccarsi davanti alla bellezza di una piazza europea, per lavare la biancheria a mano e sentire sulle mani l’odore del detersivo, per suonare il basso e renderle vive quelle corde sotto alle tue dita, per guardare la città dall’altro e lasciar scivolare una lacrima come una scatola colma di ricordi, per sentirsi vivi con quello che altri non capirebbero mai.
La passione che si coltiva nel proprio stomaco nelle proprie viscere.
Fino a sentire pulsare il cuore al ritmo della tua canzone.
Fino a non chiederti perché.
Fino a vivere con quello che è solo tuo, di quel ritmo, di quel sangue nelle vene che scorre e ti fa sentire vivo.
Come il vento che soffiando ti scompiglia i capelli e ti accarezza, proteggendoti, avvolgendoti,
liberandoti.
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