lunedì 26 gennaio 2009

DENTRO AL GHIACCIO.


Due iceberg se si avvicinano troppo,
si sfiorano, si toccano,
staccano un pezzetto di se per incastrarsi con l'altro,
si uniscono per cominciare un percorso misterioso,
insieme.


Sette miglia li separa dal mare aperto, sette miglia per rimanere congelati insieme.

Poi, al primo raggio di sole, uno dei due si lascia sciogliere.

Dentro, batte un cuore rosso.

L'altro iceberg, allora, capisce. Che non può più aspettare, che il sole potrebbe andare via all'improvviso, che il cuore rosso potrebbe andare via, all'improvviso.
E si lascia scongelare.

Brividi, nuove sensazioni sul suo ghiaccio che lascia libero il suo cuore blu.

Nel mare aperto si avvicina al cuore rosso che batte e continua a nuotare, si avvicina e lo sfiora.

Qualcosa di nuovo, sente per la prima volta qualcosa di nuovo, qualcosa di dimenticato, qualcosa che era rimasto sepolto dal ghiaccio.

Il cuore rosso si volta, non avrebbe mai pensato di vedere il cuore blu davanti a se.
Non sa cosa fare ora che il ghiaccio non c'è più, ora che non avrebbe più senso trovare scuse di un lungo viaggio, ora che sente solo un'insistente battito che la fa avvicinare, che la porta così vicino al cuore blu da poterlo sentire.
Da poterlo sentire finalmente.

Da poterlo sfiorare finalmente.

E sentire calore.
Dimenticato anch'esso.
Il cuore blu si lascia sfiorare, si lascia cullare dal mare che li porta al largo, da queste nuove emozioni che crescono battito dopo battito e si avvicina al cuore rosso, si avvicina ancora un po' di più. Non l'avrebbe mai detto, ma è felice di essere li.
Il cuore rosso non l'avrebbe mai ammesso ma è felice che il cuore blu sia li.


Due cuori se si avvicinano troppo,
si sfiorano, si toccano,
staccano un pezzetto si se per incastrarsi
,
cominciano a lavorare per ossigenare e far pompare il sangue,
prendono lo stesso ritmo per cominciare un percorso misterioso,
insieme.

lunedì 19 gennaio 2009

REALE.


Tuffo all'indietro, ad occhi chiusi che fa meno paura, ad occhi chiusi perché si vuole avere la sorpresa nel riaprirli, la sorpresa lì, davanti a noi.
C'è chi dice che bisogna andare avanti, che non bisogna tornare indietro, che quel che è fatto è fatto.

E c'è chi ha bisogno di lanciarsi senza paracadute dentro una scia che non sfuma, dentro un'emozione che permane sempre e comunque e che fa bene.


Fa un maledetto dannato bene.

Odori, colori, profumi, sensazioni.

E poco importa se per un momento si torna indietro, di uno, due, tre, quattro, cinque anni.

Si torna indietro e basta, scosse, brividi, occhi lucidi.

Si torna qui, in questo stato di totale estraniazione, in questo spazio fatto solo di cinque sensi, di parole che seguono altre parole per sostenerle, per dire


"SONO QUI, MI SENTI,
NON TI HO ANCORA LASCIATO,
SONO SEMPRE QUI"
.


Senza farsi domande su quel gesto, senza farsi domande su quelle cose che si dicono tra le righe.
C'è chi ha bisogno ancora di credere, c'è chi ha bisogno ancora si sperare in quelle sensazioni, c'è chi trova la spinta giusta per tirarsi su dal letto, che chi trova un valido motivo per confrontare, c'è chi si chiede se quella situazione è di stallo o se bisogna fare un passo, se bisogna aspettare, ancora aspettare.

E tutto fa credere che ancora si è destinati ad essere, a guardarsi, a toccarsi, a rubare un pezzo dell'altro corpo in modo incosciente.
E allora ci si tuffa indietro, si nuota e si ritorna a riva.

"SIAMO ANCORA QUA."

Sorriso, abbraccio, carne contro carne, uomo contro donna, corpi che si attraggono e respingono, sorriso, abbraccio, forse non è più il caso di sperare.

Ma di provare a rendere reale.

sabato 17 gennaio 2009

SIGNORA AQUILONE.


C'era una donna, l'unica che ho avuto
aveva i seni piccoli e il cuore muto
né in cielo né in terra una casa possedeva
sotto un albero verde dolcemente viveva,
sotto un albero verde dolcemente viveva.


Legato ai suoi fianchi

con un filo d'argento

un vecchio aquilone la portava nel vento

e lei

lo seguiva senza fare domande

perché il vento era amico ed il cielo era grande,

perché il vento era amico ed il cielo era grande.
Io le dissi ridendo "ma signora aquilone
non le sembra un po' idiota questa sua occupazione"
lei mi prese la mano e mi disse "Chissà,
forse infondo a quel filo c'è la mia libertà",


"forse infondo a quel filo c'è la mia libertà".

E così me ne andai che ero un poco più saggio
con tre soldi di dubbio e due di coraggio
e incontrai un ubriacone travestito da santo
che ogni sera si ubriacava bevendo il proprio pianto,
che ogni sera si ubriacava bevendo il proprio pianto.
E mi feci vicino e gli chiesi perdono
ma volevo sapere se il suo pianto era buono
lui mi disse "fratello è antico come Dio
ma è più dolce del vino perché l'ho fatto io",
ma è più dolce del vino perché l'ho fatto io.
E prima che le stelle diventassero lacrime
prima che le lacrime diventassero stelle

ho scritto canzoni per tutti i dolori
e forse questa qui non è delle migliori,
e forse questa qui non è delle migliori...

venerdì 16 gennaio 2009

SPUTAFUOCO.


Mi parli e non lo sai dentro questa testa cosa c'è.
Spavento me stessa, mi ritrovo da sola, sono il mio peggior nemico la fuori.
Non ho scuse, non ho parole, non ho niente che dannate parole, dannate parole che mi salvano, in cui a volte annego e mi lascio tirare giù, a fondo, non ne voglio più uscire. Non ha più senso uscirne dopo così tanto tempo, non ha più senso staccarmi dalle mie certezze murate addosso per non cadere ancora, per non farmi colpire distrattamente. Ferisco, ferisco chi mi ama e non riesco a dire null'altro che "buonaserataciao" e dentro lo sento crollare quel bene, quel bene che sisfaciaperterracomeunvasodicristallo e nonc'èpiùnulladafarestorovinandotutto
perchèiononsentopassioneperchèio
nonsentopassioneinunasera
perchèio
rimangoancorataaqualcosa
chemihaferitomache
mihafattasentirevivaemortainsieme
.
E tu non hai pensato che io fossi solo la tua medicina, la tua libertà, il tuo modo di evadere, il tuo essere una nuova persona. E tu non hai pensato, hai reagito, come forse avrei fatto io, hai reagito chiudendo tutto, buttando tutto.
Cosa dici? Cosa pensi? Cosa c'è? Niente niente niente.

Troppo accecata da me stessa, troppo accecata da me stessa,
troppo accecata da me stessa, e poi mi lascio prendere mi lascio attaccare da insulsi comportamenti, da presenze troppo presenti e io non sono così, io non sono così e non vado oltre, non vado al fatto che le persone non sono come me, o come chi mi ha sempre usata, io non vado oltre e vado al pensiero che forse è proprio per questo che tutto è così strano.
In questo vortice.
Dipensieritimoriparolepaureeansiegioiestupore
emeravigliafelicitàricercaedubbi

perchèiosonounadonnachehasolodubbi
vivedidubbivivedidomandevivediinsurezze
cheavolteriesceamandareafanculo

E allora cosa ne posso?

Cosa ne posso se sono fatta così malignamente male da sputare tutto in faccia, da essere così miserabilmente fragile da non andare oltre con il coltello, ma fermarsi li.
Io che di coltellate ne ho prese dovrei sapere dovrei capire.
Dovevo avere quello che non ho, il tatto, la cortezza.

Non ce l'ho.
E tu non hai aspettato, hai voluto sapere
ealbuiotihodovutodireconilmagoneingola
quantocertecosesembranoreali
e
poinellarelatànonlosonopoicosìtanto
perchèmancaqualcosa
.


Mi fotto e non posso fare null'altro.


Ti dico che però hai voluto affrettare tutto in venti minuti, ionervosanonrispondodimestessa
e ti sei beccato la persona più schifosa che potevo essere.
Sputo fuoco.

Sputo fuoco su chi ha sempre creduto in me.

Sputo fuoco su me stessa che rovino sempre le cose belle e cado sempre in trappola.


Sputo fuoco,

perchè

dalle ceneri

forse...

mercoledì 14 gennaio 2009

NOI, SOTTO A QUESTO VELO.


Nota.
Una semplice nota e tutto viene sconvolto, rigirato, mescolato.
Dentro quel pentolone chiamato stomaco, chiamato pancia del cuore.
Non c'è distanza, non c'è silenzio, non c'è sentimento che possa allontanarli, che possa portarli così lontani l'uno dall'altra da perdersi completamente.
Qualcosa, qualcosa di invisibile riesce sempre a riavvicinarli.
Il pensiero di un giaccone verde, un discorso fatto su un vecchio pullman, abbracci rubati e baci ricercati in notti fonde, passioni diverse che si guardano.
Occhi negli occhi.
Pagine bianche che riescono a riempire di parole e musica, pagine bianche che uno riempie con note e l'altra con parole.
Passione.

Pause vuote.
La gente non crede, la gente non vede al di là del proprio naso e non vede nient'altro che quello che è costretta a vedere. La gente non riesce a scorgere un segno, una casualità che non è poi così tanto casuale. La gente ascolta una canzone, un giorno, in un momento e l'ascolta e basta.
Un po' più in là c'è invece una piccola anima che vola libera ascolta una canzone, un giorno, in un momento e capisce che è arrivata per farle capire, per darle il segno che aspettava.
E' difficile lasciarsi andare,
è difficile credere,
è difficile fidarsi.
E' ancora più difficile restare se stessi ed amare, amare incondizionatamente, per anni, la stessa persona, amando intanto altri cuori, pensandola sempre, chiedendosi perchè, nonostante tutto siano ancora qui.
Come in un film, scene si susseguono a scene.
Ci si chiede "se io non avessi fatto...", "se io avessi detto prima che...", ci si guarda intorno e ci si chiede cosa ancora manca, chi ancora manca all'appello.
Segreti troppo segreti da poter dire, da potersi liberare per ricominciare.
E se non si volesse ricominciare?
Ma solo cercare di mettere tutti i tasselli al proprio posto per capire, per rimanere illuminati e stupiti.
Mille scuse.
E lo stomaco ancora si contorce alla sua voce. Come una fitta al cuore, una fitta che fa bene, che fa sorridere, che fa pensare che ci sono altre pagine da riempire, ancora altre pagine.
Ricoperti da un velo, invisibile e magico.

venerdì 9 gennaio 2009

FLUSSO.


A volte crollano le certezze le speranze.
Le si lascia cadere perchè non si ha più voglia di combattere, perchè è più facile pensare che arriverà qualcosa di nuovo.
A travolgerci.
E poi rimaniamo stupite davanti al nostro cuore che batte, forte, di fronte a qualcosa che c'è stato e c'è tuttora.
Davanti a qualcosa che silenzioso a piccoli passi e senza smettere mai ci è venuto incontro, lasciandoci la nostra libertà, i nostri spazi.
Aspettando, sapendo che forse avevamo solo bisogno di tempo, di capire.
Noi, cuori impavidi, noi cuori rinchiusi dentro barricate di ghiaccio e cemento, noi anime alla ricerca di tutto per non soffermarci a pensare. A credere che a volte tutto capita con i suoi tempi e a poco fa spingerli, superarli, correre o fermarsi.
Ci sono volte in cui quel qualcosa di nuovo arriva, sconvolge e ne si rimane ammaliate.

Ammaliate da non capire come sia possibile, ammaliate da poter capire solo dopo che tutto avviene per una ragione.

Qualcuno arriva per far sentire quanto sia importante l'altro, qualcuno si avvicina per darci sicurezza per far sentire quanto possiamo credere in noi.

Noi,
personaggi forti, decisi e bizzarri in questa realtà disegnata con pastelli a olio.

Gridiamo, sogniamo, pensiamo, balliamo, beviamo, sorridiamo, dormiamo, facciamo l'amore in queste notti gelide.
Parliamo, abbracciamo, scriviamo, ascoltiamo tutto quello che ci circonda, che vive con noi, vicino a noi dentro noi.
Non un attimo di esitazione.


Non

un attimo

di

esitazione
. . .

mercoledì 7 gennaio 2009

S - B L O C C O



N
E
V
E


Che sotterra tutto, che blocca nel tempo un sentimento, lo blocca e lo annulla, come se tutto quello trasmesso non avesse più importanza.
Ora che lui, ora che lei.
Ora che lei ha trovato una bocca mendace, come mendaci sono stati i baci, come mendace sono state le parole.
Ora che lui ha deciso che non può fare a meno di sottomettersi e stare male per un bene altrui, per non rischiare, per lasciare tutto intatto.
Ma quando entrambi si desiderano, stando sopra altri corpi, baciando altre bocche, stando bene con altre persone, la neve comincia a sciogliersi.
Arriva poi il vento, si porta dietro una bufera, bufera di amore e odio, bufera di bisogno di due braccia in cui tuffarsi e allora non importa di nient'altro, neanche di sapere se saranno braccia durature, se saranno uguali alle sue.
Ci si tuffa intontiti di tutto.
E se a lei manca lui cerca l'altro che la sfugge e se a lui manca lei cerca l'altra amandola e colmandola.

S
O
L
E


Che scalda i cuori, che fa vedere bene i muri dove sbattere la testa e svegliarsi da un torpore lercio, che rende tutto più chiaro.
Lei che sa cosa vuole, ha solo una fottuta paura di perdere la sua libertà, ma sa che non può più fare a meno di lui, che saprà dosare i suoi tempi, che saprà amare, che saprà essere amata, che si perderà ancora per i locali ubriaca di felicità e sorridente dentro qualche scatto.
Lui sa che è arrivato il momento di fare un passo, importante, decisivo, che forse porterà pensieri, punti interrogativi, che forse lo porterà in una nuova situazione ma non per questo non voluta, anzi, desiderata, da notti, da mesi, da anni.

N
E
V
E


Che forse è un segno? Che forse bisogna ricominciare tutto da zero?
Che forse è ritornata per permettere a loro di vederla sciogliere insieme.
Che forse quando la neve blocca e congela un sentimento, uno stato d'animo, una situazione, capita che resta tutto davvero immobile e si torna indietro al momentogiusto tutto può essere recuperato.

Che forse lei, che forse lui, che forse loro.

lunedì 5 gennaio 2009

PARENTESI

[parentesi]


[virgola]


[travolgente passione]


[parole al vento]


[ossa che scricchiolano]


[corpi caldi che dormono vicini]


[in cerca di qualcosa]


[convinzione maledetta]


[si scopre poi]


[che tutto era li]


[per essere vissuto senza troppi perchè]


[io chiudo un passato]


[chiudo e butto via la chiave]


[but i hope. . . ]