venerdì 30 maggio 2008

VUOTO.

Dal pieno al vuoto.
Dal tutto al niente.
Privato di ogni emozione.
Nudo e crudo.
Non ha più senso emozionarsi di qualcosa.
Non ha più senso sentirsi pieni di un vuoto incolmabile.
Straripa il fiume.
Straripa il cuore.
Manca qualcosa.
Questo vuoto, questo niente stanno diventando strazianti.
Manca qualcosa.
Non ci cerca, si aspetta.
Ogni momento è il suo momento.
Aspetta la pioggia, aspetta il sole dopo la pioggia.
Forse riuscirà a trovare spiegazioni al suo nulla.

sabato 24 maggio 2008

IL TUO LIQUIDO.


Riempimi.
In un misto di sussurri e parole.
Nel buio della stanza che gira e non si ferma.

Riempimi d'amore.

Del tuo liquido che mi colma e riscalda.

Dentro questo letto, sotto questo tetto.
Cade la pioggia, prepotente, insistente.

Eco.

Di una voce che circonda, che mette sicurezza.

Stanotte, che notte.

Un po' di te che scivola giù mentre mi alzo ed esco sul balcone.

Mi lascio bagnare dalla pioggia, da te che ti avvicini e mi fai sentire quanta voglia c'è.

Ancora.
Nel tempo.
Il tempo che si accorcia, il tempo che si allunga.

Dentro.

La tua bocca che assapora ogni centimetro.

Le tue mani che cercano la carne, che cercano di possedere il più possibile.

Culmine di una corsa d'amore.

Rimani li, guardandomi.

Appoggiando la tua testa sul mio petto nel punto dove comincia a diventare collina per poi diventare seno.
Stanotte.
Colma.

Del tuo liquido d'amore.

Denso, dolce e caldo.

Come un abbraccio.

venerdì 23 maggio 2008

PER SBAGLIO, QUASI DI NUOVO.


Per sbaglio, quasi di nuovo.
La corazza si abbassa di poco, fa entrare luce nuova e speranza.
Una bella ventata d'aria fresca e necessaria che si scioglie come gocce di limone.
Non che pensasse.
Lei oramai non pensava più a nulla.
Non si aspettava più nulla.
Abituata a questa vita data in prestito che sempre le ha fatto assaporare il gusto dolce per poi bastonarla poco dopo.
Abituata a questa vita che le ha sempre fatto vedere cosa si nasconde dietro la bella parola, dietro il sorriso sottile di una persona, dietro lo sguardo accattivante in una notte, dietro un abbraccio dato con troppo affetto.
Abituata.
Poi, una svista, un cedimento, e rischia.
Per sbaglio, forse per bisogno, quasi di nuovo.
Non ci si può più sbagliare, oggi no, domani neanche.
E' finito il periodo in cui errare poteva essere considerato un modo per imparare, per crescere.
Ora, sbagliare, è sinonimo di caduta, di troppa forza da tirare fuori per rialzarsi e ricominciare e il tutto non collega il fatto che si sia più forti, anzi.
Un piede nel fango che nonostante tutta la pioggia non riesce a far scivolare fuori, un piede incastrato in un qualche arco temporale che ancora le brucia le mani e le congela l'anima.
Ora non può più dirsi "Ma si, proviamo!".
O di qua o di là.
Ma quel piede incastrato fa troppo perno.
Cosa succederà se un bel giorno, per sbaglio, quasi di nuovo, lei si troverà a terra, senza piedi infangati e mani bruciate ma piangerà lacrime taglienti come vetro?

martedì 13 maggio 2008

INCIAMPO NELLA NOTTE.


Impulsiva.
Come una bambina che rincorre i piccioni perchè da soddisfazione vederli volare.
Come una mamma che corre dietro al proprio pargolo per evitare una caduta in più.
Impulso, istinto.
Quella cosa naturale che spinge due corpi a volersi sentire, a volersi ascoltare, sfiorare.
Per averne un ricordo la notte stessa, quella dopo e forse quella dopo ancora.
Per sentirne la carne sotto le proprie mani, dopo aver suonato e dato emozioni.
Impulso che mi spinge, senza freni inibitori, che mi fa inciampare in un gradino troppo piccolo da vedere nella notte.
Un po' di alcol e quel sorriso che illumina il mondo.
Inciampo e atterro morbida, dentro un tuo bacio, dentro il tuo corpo che mi desidera, stanotte.
Il mio e non il suo.
Silenzio.
E' sempre meglio il silenzio.

venerdì 9 maggio 2008

COME LE FRAGOLE.


Cartonato appoggiato al muro. La porta leggermente aperta.
Seduto su una tavola quadrata disegna e cancella, cercando una perfezione che oggi non trova.

Si alza, lasciando cadere la sua fidata matita per terra.
Apre la porta, sbatte la porta arrabbiato con se, arrabbiato con lei, arrabbiato con il mondo.
Si guarda attorno.
Tutto grigio, tutto tace.

Nessuno accenna a colorare un po' questo angolo di vita.

A colorare questo universo con una scala non di grigio.
Fragole succose, carnose.

Le prende e le ferma sul cartonato bianco con un chiodo.

Scivola, con una linea che sa di perfezione, il succo dolce che fuoriesce.

Ventitré fragole che si susseguono in una fila ripetuta sette volte.
Colore.

Il rosso del sangue.
Del dolore e della passione.
Della linfa vitale che ci scorre nelle vene.

Che ci fa aggrappare dall'altra parte del mondo per trovare felicità.

Che ci fa rincorrere a perdifiato un nuovo amore senza pensare a cosa ne sarà domani.

Come una fragola.
Vita succosa, passionale, carnale, colorata.

Lui oggi ama lei disperatamente.

E nel silenzio dei propri pensieri, del proprio battito, sa.

Che non c'è più tempo per stare a calcolare, che non c'è più tempo per sperare.
Agire è l'unico infinito che può usare.
E poco importa affrontare un mondo nuovo e poco importa se si è estranei a tutto quello che si va incontro.

La magia nasce lì.
Nel superarsi e meravigliarsi di cosa c'è altrove.

domenica 4 maggio 2008

TUNNEL OF LOVE.


Mi ritrovo così, in un letto che adesso è troppo grande e troppo freddo, mentre fuori albeggia e dentro mi si contorce lo stomaco.
Mi giro e rigiro sbuffando per quel cuscino adesso troppo morbido, adesso troppo piccolo, per quella coperta adesso troppo spessa, adesso troppo leggera.
Provo a serrare gli occhi, la bocca, lo stomaco, il cuore.
Provo a serrare tutto ma dentro qualcosa sta bollendo.
Il cuore si sta sciogliendo e combatte contro questo sole che mi sta trasformando da solida a liquida.
Non posso piegarmi.
Lascio che i pensieri si aggrappino e mi strappino la carne, lascio che tutto sanguini senza curarmene perché se solo ci pensassi in modo liquido, tornerei in quel tunnel.
E per quanto bene possa fare quel tunnel all'inizio, poi ferisce, lascia cicatrici più o meno profonde da portarsi dietro tutta la vita, giorno e notte.
Che ci inseguono in cieli senza luna, in mattine senza l'oro in bocca.
Braccia forti che mi tengono al sicuro, che mi allontanano per poi riprendermi, sempre più forti, sempre più avvolgenti.
Ma li sono davvero al sicuro o è proprio l'ingresso del mio tunnel?
Chiudo gli occhi, la musica mi avvolge, lo stomaco si attorciglia e mi dico di buttarmi giù a capofitto e mi dico di non fare passi falsi, di vivere passo dopo passo.
Senza fare castelli di sabbia che poi con la pioggia verrebbero distrutti.
Già.
Razionalità o sentimento?
Silenzio.
La casa resta immersa nel silenzio di un'alba non ricercata.
Non posso dormire, non riesco a dormire.
Salgo una giostra. Una giostra dai colori e dai suoni ipnotici.
Salgo e non ci scendo più.

giovedì 1 maggio 2008

SONO PIUMA.


Aria, ossigeno nuovo.
Non mi accontento, voglio sempre qualcosa di nuovo, che mi stimoli, che mi dia la scossa, che mi dia un'emozione, che mi faccia rigirare nel letto senza chiudere occhio, che mi faccia sentire ad un passo dalla pura soddisfazione.
Sapere che tu sei forte.
Si, sono forte.

Notte sotto ai ponti. Gocce che tintennano in pozzanghere di ieri, sento da una bocca amica qualcosa che il mio stomaco e il cuore percepiscono come un fulmine a ciel sereno.

Ora so che non ho sbagliato io, di nuovo, che questa volta non era colpa mia, che sono stata nella testa e nei pensieri di quel lui.
Lui che si sente una merda, che vive nel suo mondo e non fa un passo avanti per sistemare la situazione che ha rovinato e se ne pente. Aspetta e si crogiola nelle paranoie che lo contraddistinguono.
Come se, sapendo che si è pentito, io fossi pronta per riaprire il mio cuore.

Rimango dove sono e penso.
Ho sbagliato tante volte, ma tutte mi hanno insegnato qualcosa, ho preso tanti treni e tanti altri li ho persi. Ne passeranno altri, ma sarò in grado di capire se salirci o se abbassare la mano e farlo procedere. Aria, ossigeno nuovo.
Incontro inaspettato.
Mi sorride appena entra in casa, un saluto veloce e nulla più.
Poche parole scambiate mangiando carne e prendendo il sole in un terrazzo affacciato su Torino, mi versa da bere e sorride.
Occhi verde chiaro, pelle chiara e ben curata.
Sarà sulla trentina, penso.

Poi per una cosa o per l'altra si crea il gruppetto "parliamo di tutto purché non ci facciamo assalire dal sonno post magnata" attorno ad una penisola.
E sorridi, mi parli, mi fai fotografie mentre giro il caffè e guardo assorta.
Mi stupisce ritrovare negli altri, un po' di me stessa.

Anzi, quasi mi spaventa. Perché allora non sono poi così bizzarra nel trovare normale parlare, chiacchierare con sconosciuti e salutarli, andando via, anche se la conoscenza è solo di tre, quattro ore.
Mi abbracci, alto e muscoloso, mi abbracci così, come se ci conoscessimo davvero da mesi, anni.
Mi abbracci e mi dici di fare la brava, con quello sguardo che io conosco.

Maledetta psicologia, ma non potevo fare il classico? lo scientifico? il linguistico?No, il socio-psicopedagogico, aggiunto ad una leggera predisposizione a capire gesti, parole, movenze, sguardi.
E' questa l'aria, l'ossigeno di cui parlo.

Cose che nascono e muoiono ancora prima del calar del sole, cose leggere come le nuvole che però fanno respirare a pieni polmoni.
Momenti leggeri come piume.
Sono piuma, ho bisogno della mia aria.