venerdì 18 gennaio 2008

PASSIONE DI MIGLIOR VENTO.


Tutto ebbe inizio quando lei mi baciò.
Ed io avevo fatto l'amore con lui da un'ora.
Lei con una normalissima scusa di truccarmi, si era avvicinata fin troppo al mio volto fino a sentirne il fiato e non avevo fatto neanche in tempo ad aprire gli occhi che lei aveva già sfiorato la mia bocca.
Un buon gusto di bayles, dolce e corposo.
Poi si è allontanata ed ha ripreso a truccarmi. Nessuna delle due aveva coraggio di dire qualcosa. Solo una telefonata, arrivata all'improvviso, aveva spezzato quell'imbarazzante silenzio.
Il suo ragazzo la invitava a cena in un posticino molto romantico.
Era il loro anniversario, tre mesi, i primi fatidici tre mesi.
Avevo preso la mia borsa, mi ero rimessa i miei stivali tacco nove, sistemata la gonna e l'avevo salutata come sempre, un bacio labbra su labbra, veloce. Entrambe ci aspettava una serata che lasciava solo spazio alla fantasia e alla passione. Lei era la mia migliore amica e quel bacio non mi aveva lasciata sconvolta. Forse perchè non era il primo, forse perchè io e lei eravamo sempre state così libere.
In macchina, stereo ad un volume forse troppo alto e guidavo, guidavo, senza tomtom o cartine.
Sapevo esattamente dove andare.
Ero entrata in casa, in una casa conosciuta da pochi mesi, candele sparse per terra e nell'aria ancora l'odore dei nostri corpi che si bramavano.

Quanto mi aveva voluta, un paio d'ore prima sul quel letto già rifatto, quanto mi aveva tenuta vicino a se per sentire il mio cuore battere, per sentire il mio respiro sulla sua pelle.
Mai ci eravamo amati così, con questa passione che passava dal violento alla dolcezza più pura.

Le nove e trenta sette. La porta della cucina chiusa a chiave. Volevo sbirciare, volevo sapere cosa c'era aldilà di quella porta di legno massiccio bianco.
Buio. In un attimo tutto si era fatto buio e avevo riconosciuto.
Il suo profumo.
Mi aveva messo un foulard sugli occhi e mi aveva baciato il collo abbracciandomi da dietro. Una canzone non conosciuta riempiva la casa. Mi aveva presa per mano e mi aveva condotta in chissà qualche luogo.
Quando avevo aperto gli occhi avevo ritrovato un tavolo rotondo imbandito per una cena romantica, romantica e solo nostra.

Avevamo mangiato, avevamo brindato con un buon vino rosso, avevamo sfiorato le nostre mani e dentro si fremeva ma avevamo atteso.
Che quella passione esplodesse in noi e avevamo fatto l'amore tutta la notte e lui non smetteva di farmi sentire bene, di avvicinarsi al mio seno e appoggiare la sua gote ed io mi avvicinavo e sfiorandogli leggermente il naso con il mio naso gli respiravo il suo respiro.
Tutto ebbe inizio quel pomeriggio.

La mia migliore amica mi aveva telefonato un paio di giorni dopo, in lacrime. Lui non era andato all'appuntamento dell'anniversario. Maledetto bastardo avevo pensato e già preparavo qualche piano strategico per fargliela pagare. Ma lei mi aveva fermata sul nascere, diceva che forse se me lo presentava se gli presentava la gente con cui lei usciva, lui si sarebbe aperto, fidato.
Appuntamento alle diciotto e trenta al Caffè Vittorio, ero arrivata prima di entrambi e mi immaginavo lei bellissima e imbarazzata e lui classico uomo ricco che tiene le ragazze come burattini e sapevo che non saremo mai andati d'accordo.
Lei era arrivata, bellissima appunto, circondata da uccellini fischiettanti e nei piedi delle paperine comprate insieme. Neri lunghi e lucidi i suoi capelli le coprivano le spalle.
Un sguardo.
Lui mi aveva sorriso camminando ed io avevo fatto un cenno, tirando su l'angolo sinistro della bocca.
Si stava avvicinando mentre lei girava ansiosa il caffè.
Dava le spalle. Io mi ero alzata gli ero andata incontro e lui mi aveva inaspettatamente baciata. Ero rimasta li, su due piedi e lei si era girata appena per vedere dove ero andata.
Ci eravamo avvicinati al tavolo, insieme, mano nella mano e gli avevo presentato lui. L'uomo che mi aveva amata e lei sapeva quanto.
Lui aveva tolto la sua mano con un gesto veloce e lei mi aveva guardata con gli occhi pieni di quelle lacrime che già conoscevo.

Amavamo lo stesso uomo.
Dallo stesso tempo.

Amavamo lo stesso uomo dallo stesso tempo e lui non aveva detto nulla, aveva sorriso e aveva ripreso a camminare.

Io e lei, una di fronte l'altra.
Il vento si stava alzando.
I suoi capelli svolazzavano e i miei restavano nella capigliatura per fermata.

Eravamo rimaste io e lei, una di fronte all'altra.
Tradite una dall'altra.

In modo silenzioso e mai creduto possibile.

Lui era sparito. Come sparivano quelle persone che nella vita non sapevano far altro che portare maschere.
Era arrivato il mio caffè.
Lei aveva chiesto due whisky.

Una volta arrivati aveva preso in mano il suo bicchierino e porgendomelo, aveva brindato, a noi.

Io mi ero sporta verso lei e l'avevo baciata labbra su labbra, senza timori.

Brindavamo a noi, a quell'amicizia che niente aveva potuto spezzare.

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