martedì 8 gennaio 2008

COME. SEI. VERAMENTE.


Pianoforte a coda, nero, lucido, messo in un angolo del salone e usato solo da mani esperte.
Entro silenziosa e vedo una schiena che si contrae un poco, un piede, quello destro, che si alza e si abbassa su un piccolo pedale e ogni tanto,sulla tastiera spuntano dita che creano accordi.
Come. Sei. Veramente.
Fuori piove. Hai accesso qualche lampada in questo grande salone per riportare quel colore rossastro dell'autunno vissuto insieme.
Ti manco. Lo sento dalle note che sprigioni, lo sento dalla passione che metti nel pressare quei tastini bianchi e neri, lo sento nel vedere la tua testa che si sposta che avanza verso l'intensità.
Rimango ferma e immobile sulla porta di legno massiccio con addosso il cappotto nero che gocciolando ha già formato una piccola pozza ai miei piedi. Rimango lì e ti osservo mentre con un gesto lento mi sposto una ciocca di capelli bagnata che mi tagliava in due l'occhio sinistro.
Un lampo. Tuona. Non ti fermi, non ti spaventa nulla ed io sobbalzando temo che tu possa avermi sentita.
Starei qui per sempre. A sentirti suonare, a vederti fare l'amore nell'amore.
Mi manchi. Lo sento dal mio cuore che accelera quando arrivi a quelle note, lo sento nel ricordare te seduto su quel seggiolino di pelle nera ed io che mi avvicinavo, ti passavo una mano nei capelli e cominciavo a cantare.
Riempivamo la casa di noi.
Adesso siamo qui, così vicini e così lontani, così ancora nostri così già soli.
Quel tuo pianoforte ha sentito tutto, ha visto tutto.
Ha visto le mie dita imparare piccole melodie da suonare al tuo arrivo, ha visto la gioia dei tuoi occhi quando hai saputo di diventare padre, ha visto la mia gioia quando ci siamo trasferiti in questa casa e io decidevo i colori delle tende da mettere per proteggere il pianoforte dal sole.
Come. Sei. Veramente.
Continui a suonare quella canzone, continui e continui.
I miei occhi su di te.
Tremo.
In mano, bagnata, una busta bianca contenente un passo indietro.
Indietro di anni, indietro di case comprate, di spese fatte, di regali ricevuti, di notti d'amore, di giornate intense, di scappatelle nei week end per poterci amare, di due figli, di un gatto, di tre cani, indietro di un quadro, indietro di una crociera, indietro di quel viaggio di nozze, indietro dal nostro primo bacio. Indietro di tutto.
Poso la busta sul tavolino di Frattini che avevamo comprato ad un mercatino a Torino, la poso e resto ancora un attimo a guardarti.
Le tue braccia muscolose che nel suonare però si affievoliscono, si inteneriscono e si addolciscono come quando cullavi i nostri figli.
Ti manco. Lo so. Perchè non suoneresti a ripetizione questa nostra canzone.
Mi manchi. Lo so. Perchè non starei qui a guardarti e morire dentro.
Un passo indietro. Mi volto e pestando la mia pozza d'acqua vado via silenziosa come ero entrata.
La musica si interrompe.
Lui si gira, vede la busta e sente il suo profumo. E' stata qui.
Vede la pozza e le impronte di quelle scarpe, le sue scarpe.
Ti manco. Lo so. Perchè se non saresti stata zitta e non saresti andata via senza dire una parola.
Mi manchi. Lo so. Perchè le mie dita non smetteranno mai più di suonare.
Come. Sei. Veramente.




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