martedì 26 giugno 2007

RUBATI AL VENTO

Non si può bloccare il tempo, rallentarlo, portarlo indietro o leggermente avanti.
Il tempo va vissuto così com'è.
Sotto il sole, sotto la neve, sotto la pioggia, tra il vento.
Che pulisce la città, la rende ancora più bella e da quassù...dio...da quassù si vede tutto!
A volte quando leggo un libro, mi lascio talmente coinvolgere che ritrovo alcune cose nella vita reale.
Segni.
Ho sempre creduto che a volte davvero uno non bada a certe cose, ma che il mondo ci parla, ci spinge in una certa direzione piuttosto che un'altra e non è casualità.
Testa all'indietro, occhi lucidi, capelli mossi che scivolano giù per la schiena, braccia scoperte che si sfiorano e ci sarebbe anche una mezza voglia di prendersi per mano.
Qualcosa frena.
Sopra le nostre teste, un segno. Infiniti fuochi d'artificio che incoronano la città e le duecentomila persone tutte li, con il naso all'insù.
Li ho sempre creduti tali i fuochi. Come qualcosa che sigillano un rapporto, un sentimento, uno stato d'animo.
A nulla serve sforzarsi di non andare oltre, quando il cuore batte, batte in tutto il corpo.
A nulla serve vedere tutto come un gioco che fra un mese finirà, quando si sa che a settembre potebbe continuare ancora con più voglia, più passione.
Ci si frena da soli, molte volte, per non andare incontro a qualcosa che sappiamo che potrebbe ferirci, a qualcosa che potrebbe piacerci da non poterne farne a meno.
Quei baci rubati al vento, mentre il sole ancora leggermente caldo sta per scivolare e cullarsi tra i seni delle sue montagne.
Quei baci cominciano a dare un tocco di abitudine a cui fa piacere dipendere, sapere di desiderarli ora e poterli avere dopo due minuti.
Vento di passione.
Porta con se tutto un suo mondo mentre le sue fragranze inebriano l'anima facendoci innamorare della semplicità.



mercoledì 20 giugno 2007

COSì

Mio padre guida per stradine piccole e dissestate, sta raggiungendo un amico per mettersi d'accordo su un paio di cose.
Io ho la testa altrove. Penso che c'è sempre qualcosa che mi riporta a questa dannata cittadina ai piedi di Superga.
Tra tutte le case, sbuca lei, e si apre un buco nello stomaco.
La Torre di Moncanino, li, alta che si allunga verso il cielo azzurro.
Pensieri veloci tornano indietro, alla notte in cui di nascosto mi hanno portata a vederla.
E mi ero spaventata perchè mi sembrava lugubre, minacciosa mentre
ieri mi sembrava così bella, pura, li ad osservarmi.
Li a darmi l'opportunità di dire addio e andare oltre quelle stradine.
Antonelli ha fatto due cose: ed entrambe sanno parlarmi,
entrambe hanno un potere nei miei confronti che è inspiegabile.
Entrambe si allungano verso il cielo e guardano Torino dall'alto.


martedì 19 giugno 2007

LA TORINO BENESTANTE C'è.

Paperette dorate ai piedi con un enorme fiocco sul davanti, jeans un po' stretti che lasciano supporre che ci sono un paio di chiletti di troppo, una maglietta color marron con uno scollo che lascia intravedere la pelle abbronzata, qualche bracciale dorato anch'esso e la Luis Vuitton a mano.
Ritratto perfetto di una ragazza che cammina sotto ai portici portandosi addosso
i suoi venti due anni e pochi fardelli.
Il telefono squilla e con un sorriso sempre pronto risponde senza perdere di vista nessuna vetrina,
entrando in qualche negozio e uscendo con qualche busta.
Piccola figlia di papà.
Piccola riccona torinese.
Si organizza la serata, grigliata a casa di tizio.
Si festeggia tutto, l'estate, le vacanze organizzate, la vita spensierata,
i soldi che si spendono senza averne rispetto.
Una quindicina di altre persone tutte vestite con minimo quattrocento euro, cinture e borse a parte, si incontrano e scambiano qualche parola, si presentano a qualcuno di nuovo,
attorno ad una piscina illuminata.
Il sole sta calando.
Da questa collina si vede Torino dall'alto, la Mole e il sole che scivola giù dietro alle montagne poco lontane.
Si brinda con del buon vino bianco, leggermente fresco, c'è chi si butta in piscina e cerca di convincere altri,
c'è chi si riscopre dj e contorna la città con le canzoni giuste.
Per sentirsi liberi, sempre di più.
Liberi ma dipendenti dal portafoglio di paparino.
E si ride, ci sono persone leggermente appartate che han comprato la gioia cara,
la dama bianca e sventolano i centoni prima di arrotolarli per bene e poggiarli su un cd.
Nessuno è fuori luogo qui, in questo giro tutti hanno tutto, nessuno fa discorsi su "non posso permettermelo, non posso farlo, non posso andare in vacanza", anzi, tutti sono come delle piccole divinità che si possono permettere un pezzo di cielo se solo si potesse!
Le ragazze più o meno vestite tutte uguali, paperette o tacchi alti, short o jeans stretti, canotte dorate o di colori sgargianti costate un quarto di stipendio di un operaio Fiat,
orologi di Dolce e Gabbana e accessori ricercati magari comprati direttamente a Milano e borsetta rigorosamente di Fendi, Gucci o l'agoniata Vuitton Speedy.
I ragazzi, leggermente più semplici in bermuda o jeans non troppo stretti, t-shirt con qualche logo strano e ricercato o camicia a righe di Ralph, di Valentino, snake al collo e al polso, orologio grosso come un portacenere anch'esso di Dolce e Gabbana, tracollina di Luis Vuitton (pure loro!)e via.
Nessuno può dire nulla guardando Torino dall'alto, in questa serata.
L'odore della carne alla griglia, la testa che si rilassa al terzo bicchiere di vino,
la Mini parcheggiata sotto la tettoia privata, papà al mare, mamma chissà dove.
L'università lì, iscrizione al quarto anno ma esami da finire del secondo, il tavolo prenotato al Cacao,
il mondo chiuso tra le mani.
A venti due anni sentirsi potenti.
Sentirsi pulsare nel cuore la gioia di poter sperimentare tutto, tanto c'è chi para le spalle.
Avere il mondo chiuso tra le mani,
di una Torino benestante.




venerdì 15 giugno 2007

INTROSPETTIVA

Continua a piovere, oramai credo di aver perso il conto, sia dei giorni sia delle volte che in un singolo giorno smette e ricomincia.
Tuoni, fulmini, lampi. Proprio come se fossimo in balia delle onde. Chissà di quale oceano.
Invece, mi tocca correre da una parte all'altra della casa e barricarmi dentro.
Per poi intravedere dopo una mezz'oretta un raggio di sole che filtra dalle fessure delle tapparelle.
C'è sempre un raggio di sole.
Inizio davvero a interiorizzare certe cose, certi modi di affrontare le situazioni, inizio davvero a lasciare indietro bei momenti passati, chiuderli nella scatola dei ricordi senza tremori, solo sentendo che si sto facendo la cosa giusta.
E questa volta me la sono costruita per bene la barricata intorno, perchè non mi riesco a lasciare andare, perchè la ruota ha ripreso a girare, veloce, sorprendendomi, ma non coinvolgendomi.
Tutto mi scivola addosso, come se la mia pelle fosse ricoperta di un sottile strato d'olio.
Tutto, per quanto sia stato atteso, aspettato, tutto mi pare troppo esagerato, troppo veloce, troppo.
Può essere che la mia capacità di auto-convinzione abbia fatto effetto, ma non credo neanche più di tanto.
Perchè mi ritrovo con le mani aperte piene di occasioni, di istantanea e perchè no duratura felicità e non faccio nulla; non faccio un passo avanti, non faccio capire che non è il momento, non dico in faccia che non ho voglia di mettermi in gioco in qualcosa che può essere troppo grande e violento.
Sto così in pace con me stessa, con le persone che mi accompagnano in qualche serata e sorridiamo, ci divertiamo, senza dover dare tante spiegazioni, senza doversi organizzare per vedere chi in un posto x a tale ora.
"Continuate a meditare." Io aggiungerei, "CHE è MEGLIO!".
Perchè non voglio proprio ripercorrere tutto, perchè finalmente ora sono liberà dai fantasmi. Sono libera da quel nascondermi nell'impossibile al posto che affrontare il reale.
Perchè se davvero tornasse, non saprei che farmene. Ora non mi serve.
Nessuno e nulla.
Medito. Medito.
Medito dentro me. Non costruisco nulla, non farò intendere nulla.
Alla fine in questa strada ci sono capitata per caso ed ora che so viverci abbastanza bene, non voglio privarmene.
Del mio spazio, della mia libertà, dei miei amici.
B a d g i r l s . . .
E le chiamano stronze. E li chiamano bastardi.
Un binomio inscindibile.
Io intanto continuo a trovare la serenità tra i girasoli che stanno per nascere e il sole che sta per penetrare tra i nuvoloni neri.

mercoledì 13 giugno 2007

STRALCI

Paradiso alle porte dell'inferno.
Ricompare quella parola.
Si può scegliere.
Senti, è arrivato il tempo.
...DESTINO...
Nessun passo falso, nessuna parola in più.
Cammina su questa strada e prega la stessa preghiera.
La felicità è lontana ma vola come una farfalla.
Salta e prendila al volo.
Perchè tu ami.
Perchè tu puoi avere quello che batte nel cuore.
Prendi, prendi,
quella possibilità,
quella serenità che scivola vicino a te.
Quella gioia che senti scorrere nelle vene è pura.
Perchè tu ami, tu sai amare,
vuoi amare.
Credi cecamente in me,
credi così violentemente al mio cuore
da lasciarti andare ad occhi chiusi e seguirmi in questa nuova strada?
Sto ancora aspettando.
Piangi perchè le ferite sanguinano.
Sorridi perchè le cicatrici svaniscono.
Sorprendimi.
Sorprenditi.
Forse non sai quel che darei.
Perchè tu sia felice.
Cambierà stagione.
Ricominciare insieme qualcosa che ci è stato portato via.
Dentro te.
In fondo ai sogni.
Queste parole si susseguono senza senso.
Scoglierò il nodo.
Ma quando dici amore,
ci credi o no?
O è l'abitudine e non cominicare mai
Forse,
è solo da decidere
quale vita si vuol vivere.
Mi si spacca il cuore.
A te succede? Da un po'?
Morendo un po' vivendo.
Vivere forte.
E' tutto, quello che mi dai.

giovedì 7 giugno 2007

MONOLOGO BAGNATO DALLA PIOGGIA


Ieri stavo guidando Milka, fuori diluviava (e che novità a Torino nelle ultime due settimane, direi!) e vicina a me, mia madre.
Questi momenti li sto vivendo con non curanza, con freddezza, con poco sentimento.
Mi conosco. Sono stata ferita così tante volte, che questa è quella volta in cui ho innalzato la barricata più alta, spessa e liscia.
Nulla importa se in mezzo c'è finita lei. Resta comunque ancora un'amica cara e sa che non può azzardarsi di parlare di qualcosa che non voglio che entri nella mia vita.
Certo, sarò contenta se sarà contenta, ma non deve aspettarsi fuochi d'artificio piazzati sul portone di casa.
Comunque, stavo guidando.
Guidavo tranquilla sotto quella pioggia incessante e intanto è partito il mio monologo.
MI chiedo, avessi fatto teatro, sarei stata brava a fare monologhi? dato che ne faccio ogni due per tre.
Inizio a parlare in questo monologo intervallato ogni tanto da "ahn ahn" "è la vita" "si va avanti".
Resoconto di sei mesi passati.
Mi dico che ho fatto solo due cose giuste...e per essere già a giugno,non mi sono data da fare molto bene.
Mi prendo anche in giro da sola!
La prima è stata partire per la Francia e conoscere tutti gli amici di mio cugino.Io, estroversa come nessuno mai, persona che potrebbe essere studiata da quanta facilità ha nell'ambientarsi con gli sconosciuti, diciotto sconosciuti!
Io, lontana da chi mi aveva ferito e che doveva ancora scagliare il colpo finale, io che per la prima volta ho deciso in mezz'ora di partire dopo 36 ore, io che non pensavo ad altro che alle cose da mettere nelle valigie che dovevano essere contenute.
Distante, con gente che mi ha aiutato in modo inconsapevole a dare un taglio netto a ciò che mi macerava dentro.
Le risate, le battaglie di cubetti di ghiaccio in piena notte, festeggiare il nuovo anno insieme, essere abbracciata da persone che conoscevo da tre giorni ma che sembravano tre anni.
Persone che non sono svanite come la neve, ma che sono rimaste sempre un poco presente nei miei pensieri e con le quali ancora oggi, passo qualche ora per ridere di gusto e sentirmi di nuovo quella forza addosso che loro soli son capaci di trasmettermi.
Quella forza con cui ero tornata a casa.
Con cui mi ero fatta delle promesse che fino ad ora ho mantenuto salde.
La seconda cosa giusta è stata partire per Cracovia, con quelle persone. Fare QUELL'ESPERIENZA indimenticabile,
che ricordo ogni giorno da sei mesi, partire senza conoscere molta gente, anzi, conoscendo solo dodici persone.
Conoscerne altre trentotto del mio gruppo, altre centinaia del mio treno, trovare vecchi amici,
condividere, commuoversi,
restare immobili e in silenzio,
sentire che c'è di mezzo il destino,
chiudere delle porte, aprirne delle altre,
baciare nella notte sotto la neve,
dormire rannicchiati in una cuccetta,
trattenere le lacrime quanto tutto finisce.
Il treno che si ferma, ultimi scatti, magari ci si vede ancora un po' di volte.
Non trattenere più le lacrime.
Si, è stata l'ultima cosa giusta che ho fatto. E direi che a questo punto, meglio così, perchè di potente e travolgente come questi due momenti, non penso ci sia qualcosa di pronto sempre dietro qualche angolo.
Stavo ancora guidando quando il mio monologo è caduto nel silenzio. Nessuna parole. Occhi lucidi e concentrati sulla strada infida in cui mi stavo perdendo.
"Già..." mi sono ripetuta nella mente "devo ritrovare la forza e andare avanti, più forte, più convinta che mai."
E la pioggia ha confermato il punto con un tuono.




domenica 3 giugno 2007

SOLOPERME


Oggi parlo di una passione che sento nel cuore, nell'anima, da tutta una vita.
E non c'è spiegazione logica.
Nata in Italia da genitori italiani, piemontesi per esattezza.
Colorito della pelle sempre di un marroncino scuro, che sin da piccola mi faceva passare per una bimba di un altro paese, adottata, e mia madre che ridendo, diceva che era sua quella bambina moretta.
Non so perchè.
A volte se lo sono chiesti anche i miei genitori, alcuni miei amici.
Da piccina, mio padre metteva qualche disco di musica da ballare, potevano essere ad esempio i Gipsy King, ed io davanti a tutti, ballavo, sculettavo a ritmo di musica, sentendomi libera sotto gli occhi sorridenti dei grandi.
E non mi imbarazzava nulla, non mi imbarazzava nessuno.
Ai Mondiali del 1990, mi sono fatta comprare la bandiera del Brasile e passeggiavo sicura e fiera di me, tenendola tra piccole mani deboli di bambina di cinque anni e poco m'importava essere italiana.
Perchè io stavo vicino a loro, seguivo la loro musica, sventolavo la loro patria esattamente come se fosse stata anche la mia.
Non so perchè.
Ho sempre sentito forte questo paese dentro me e crescendo davvero ho creduto di essere stata adottata, ma niente, ero e sono nata da genitori italiani con origine italiane, al massimo deviate al francese.
E tutto si fa più forte ed intenso quando conosco un ragazzo italo-brasiliano. Che mi fa percepire la serenità che la loro cultura trasmette, la bellezza dei suoni, dei colori, delle fragranze, del vivere in modo semplice e senza stress.
Difficile, direte voi, ma vi assicuro che la sua presenza è fondamentale per il mio cammino.
Ma lui si è accostato a quel sentimento che già sentivo mentre guardavo, raggomitolata per terra vicino al letto, quegli scatti fatti a Salvador De Bahia dai miei cugini.
Guardavo silenziosa quei piccoli angioletti moretti e mi ripetevo come una formula magica: "Devo andare, devo andare in Brasile, devo andare in quella terra che sento così forte senza averla mai toccata,vista, vissuta, se non attraverso occhi altrui..."
Ed oggi mi sono svegliata.
Venti due anni fatti da un mesetto e qualche giorno.
Il mio amico ancora presente nella mia vita, mio cugino che con la cena a casa sua qualche settimana fa mi ha di nuovo inondata di quella magia, e poi questo calendario.
Ogni fotografia rappresenta angoli di mondo lontano, scene di vita quotidiana.
E se si sfiora dolcemente il dito sopra ogni singola foto, si viene catapultati ogni giorno di tutto l'anno a Bahia, con i loro odori, i profumi della vita di quei bambini.
Della loro vita.
Questa è magia, questa è vita, questo è ciò che serve per poter dire "Ho vissuto intensamente".
Povertà circondata da un sorriso, circondata da braccia che ti stringono forte.
E sai che li, in quel posto potresti trovare davvero il senso della tua vita.

sabato 2 giugno 2007

LUCCHETTI D'AMORE

E va bene dai.
Ultimo tuffo e poi si nuota soltanto in avanti. E se per caso dovessi uscire dall'acqua, non voglio
rituffarmi, ma entrare dolcemente, come scivolando su qualcosa di oleoso.
Stavo così bene in quella camera gialla. Stavo davvero bene.
Li c'era tutto. Li c'era niente.
C'era la libertà per la prima volta di amare, di lasciarsi amare.
C'erano le passioni che si mescolavano alle mie paure, alle sue paranoie.
C'era sempre quella bella e delicata musica che circondava gli attimi che vivevamo insieme.
Pochi mesi che sono sembrati anni.
C'era il suo timore che io facessi l'amore con lui mentre desideravo l'altro.
E solo oggi ho capito che l'altro io non l'ho mai desiderato, non l'ho mai amato.
Era un'infatuazione strana da descrivere. Stavo bene in sua presenza, mi piaceva guardarlo silenziosa
mentre suonava e cantava ed io a bassa voce, ogni tanto, ripetevo qualche parola.
Mi piaceva ballarci vicina ed essere spinta via perché poteva cadere in tentazione.
Forse questo cercavo.
Che lui cadesse più in là di qualche tentato bacio mendace.
Ma lui era solo questo: una storia che mai avrebbe preso piede.
Lui troppo timido da parlarne, lui troppo convinto che io non potessi essere all'altezza.
Per questo non era amore.
Ma in quella stanza, tutto spariva. Un bicchiere di chardonne, qualche candela accesa,
la musica giusta al momento giusto e i nostri corpi che si cercavano tra le lenzuola rosse e le ombre.
Dio se si stava bene. Se mi riempiva il cuore studiare in biblioteca mentre appoggiava la testa sul mio braccio e mi chiedeva i grattini.
O quando una notte, al posto di farmi salire è sceso con un piccolo zaino e non ha detto nulla.
Ha cominciato a guidare, sicuro, per una strada che per me avrebbe portato al paradiso.
Senza dire nulla, comincio a leggere qualche località sui cartelli.
Si.
MI stava rapendo per una notte.
Mi stava portando in un luogo diverso.
Una sorpresa che si è affermata solo quando scesa dalla macchina ho respirato a pieni polmoni quell'aria di montagna.
Una sorpresa che mi ha riscaldato l'anima quando ci siamo voluti bene, li,
da soli,
lontani da tutto e tutti.
Mi sembrano passati decenni.
In montagna a preparare esami senza curarci del fatto che stava arrivando una bella bufera, e rimanere bloccati li tre giorni in più, e vivere venti quattro ore insieme.
Credere che quel problema sarebbe stato superato, che con la sua comprensione e vicinanza sarebbe andato meglio. Lui troppo pauroso di qualcosa che lo aveva appena sfiorato, mi ha chiuso la porta in faccia, per poi riaprirla, dopo il mio silenzio, per chiedermi scusa. Scusa per non aver capito il mio problema.
Se la poteva tenere la sua scusa. Ed io quelle lacrime.
Credere, già. Perché quelle lacrime non dovevano uscire.
Perché lui non doveva farmi innamorare, di lui, del suo mondo, delle sue fotografie, del suo portarmi in cima alla collina e guardare Torino dall'alto, del suo farmi vedere in piena notte e di nascosto quella fantastica torre di Antonelli.
Ed io non dovevo essere così ingenua da credere di aver trovato la serenità, per una volta.
Ingenua a versare lacrime sussurrando che non l'avrei voluto perdere.
Ma mi fossi alzata, dico io, mi fossi infilata la giacca e fossi andata via, con quelle lacrime ancora per me, cosa sarebbe successo?
Forse la stessa pugnalata. Chi lo sa.
E' stata una bella mossa, la sua.
E' stato un bel dolore, il mio, che visto adesso, direi che non ne valeva la pena, dato al persona infida che sotto sotto era.
Ma come scordare queste cose, questi mesi passati insieme.
Ma come scordare le sue paranoie, il suo starmi lontano in un momento difficile.
Lo ricordo perché è stato per quei mesi, un ragazzo che mi ha permesso di liberarmi, di vedere altre cose da altri punti di vista.
Ma Dio, se fosse continuata, o ci saremo amati alla follia o ci saremo uccisi per la pazzia.
E dopo lui, ho chiuso il cuore e nascosto la chiave.
Nessuno avrebbe più giocato con i miei sentimenti.
Ma al cuor non si comanda.
Ed è stato aperto, un giorno, all'improvviso, dopo due anni.
Di attese e sospiri fatti alla Luna.
Aperto da mano sconosciuta ma sembrata amica sin dal primo momento.
Chiuso dopo pochissimi attimi dalla stessa mano che sembrava amica ma che all'ultima è risultata feroce.
Entrato a grandi passi, delicatezza e comprensione.
Potevamo parlare di tutto, senza imbarazzi, potevamo rispettare i nostri impegni e vederci in archi di tempo che erano dolci come il miele.
Pugnalata.
Fredda, veloce, improvvisa.
Io che avrei potuto amarlo. Senza fretta.
Come la neve... Lui è arrivato, l'ho sentito, l'ho desiderato e si è sciolto.
Con i primi raggi di un sole semi primaverile.
Come la neve, magari un giorno, lui ritornerà.
Ma per ora, richiudo il mio cuore, questa volta con due lucchetti.
Di uno, la chiave, la butto nel Po', dell'altro la chiave la metto nel posto più segreto che c'è.
Senza sperare.
Vivendo.




venerdì 1 giugno 2007

VENTO IN POPPA

E c'è qualcuno che sussurra nell'orecchio di qualcun altro. Questo qualcun altro si guarda attorno, trova un punto di riferimento e sorride.
La folla sembra spingerlo controcorrente, la folla lo porta distante dal suo sorriso.
Come su una barca a vela che preso il largo, aumenta i nodi e le vele si aprono al cielo e al nero mare.
Nella vita almeno una volta bisognerebbe avere la fortuna di andare in barca a vela.
Qualche anno fa, ero arrivata a pensare che si, volevo comprarmi un dannato camper e una fottutissima barca a vela, che non so neanche portare, ma l'avrei comprata.
Avrei assunto uno skipper, un chissà quale maestro per fare in modo di non smettere mai di avere il vento in poppa.
Ah, la gioventù.
Sembra tutto così facile, così difficile.
E basta poco ad accorgersene, basta poco a capire che sta solo a noi fare in modo che sia l'una o l'altra cosa.
Cosa vuoi che sia.
A volte si capisce in una vita a volte si capisce in un attimo.
La strada da percorrere, quella da abbandonare, le persone da ritenere angeli caduti tra le nostre mani, le persone che ci han succhiato via anche l'ultimo sorso di chardonne, le cose a cui continuare a credere indispensabili.
La grinta di andare avanti, di prenotare un viaggio e partire da sole e fanculo a tutti, ci si paga anche il supplemento, chissenefrega!
Ed è inutile aspettarlo quell'attimo.
Anzi, molto meglio non pensarci affatto.
Cosicché un giorno ci sorprenda impreparati e ci riempi la vita di una fragranza nuova e potente.
Potente come quel battito del cuore quando finalmente,
avendo preso la corrente giusta,
ci si abbandona alla serenità che tutto, da qui in poi, andrà bene.
Solo per aver raggiunto quel punto di riferimento
ed essere entrate nel suo sorriso.
Un sorriso che durerà l'eternità.